E i centristi van (dove li porta il cuor?)

Di Gianni Baget Bozzo
05 Dicembre 2002
Il bel Pierferdi sta sulla prora della Rai come Capitan uncino, deciso a difendere la bandiera: “La Rai è mia e me la gestisco io”

Il bel Pierferdi sta sulla prora della Rai come Capitan uncino, deciso a difendere la bandiera: “La Rai è mia e me la gestisco io”. La Rai nacque democristiana con Fanfani e Bernabei. La Dc è il Galateo della Casa; che ci viene a dare questo domestico dei piani inferiori, Saccà, a voler contestare lo jus possidendi del capo dei democristiani del Polo? Sia gettato nelle tenebre esteriori, dove è pianto e stridore di denti. Quello che si è capito è che Pierferdi vuol fare le prove generali dell’apertura a sinistra, tenendosi in bilico tra maggioranza ed opposizione. I democristiani concepiscono ancora il rapporto elettorale come una delega in bianco al partito. Si considerano non i rappresentanti del popolo ma gli ottimati della città. Avendo avuto per decenni la passerella elettorale dell’unità dei cattolici, si considerano votati per il loro supposto cattolicesimo (quale nella dottrina, nei costumi..) e non perché rappresentino il loro elettorato. In sostanza, come tutti i democristiani, si pongono come mediazione tra contrari e quindi ricevono lodi a sinistra. Se si presentassero con questa linea agli elettori, sarebbero sconfessati: ma i “casiniani” si presentano sotto la maschera di Berlusconi e poi, però, una volta eletti, pensano al loro buon nome di democristiani semper infideles. Se non fosse stato per Berlusconi, i comunisti, i democristiani bisagliani come Pieferdi li avrebbero impalati vivi, come usavano i turchi con i cristiani (e, del resto, come è morto Bisaglia?). Pierferdi ha costretto il povero Staderini a fare l’uomo che decide per coscienza altrui: mi dimetto o non mi dimetto? Lasciando così al bellissimo la patata incandescente. Pera non demorde e non concederà mai la testa del direttore generale. E così Pierferdi si è chiuso in un gioco stoppato: non può ottenere le dimissioni di Saccà. Pera lo vieta. Ed allora Pierferdi rimarrà come Orazio Coclite a difendere il ponte aggredito dall’etrusco Pera. Intanto i democristiani fanno il loro congresso in quanto democristiani all’insegna della rievocazione del fantasma di mamma Dc. I comunisti si associano all’invocazione di quello di ottimo spirito. Berlusconi dirà al congresso che ama anche i democristiani (e Dio sa quanto non è vero) ed i democristiani grideranno che amano Berlusconi, facendo gli scongiuri di rito. I democristiani sono il libro araldico della prima repubblica e valutano il salvataggio che Berlusconi ha fatto di essi come la Restaurazione della Dc. Come i Borboni nel 1814 sognano di restaurare la destra e la sinistra, il loro almanacco del 1789. La coalizione di centro destra è fatta da Forza Italia, An e Lega Nord: poi ci sono i nostalgici del bel dialogo tra Dc e Pci per restaurare la Dc, mandando Forza Italia nel nulla, la Lega nord nella proscrizione ed An nella subalternità. Sono questi “cattivi pensieri”? Sì forse, ma veri desideri, e Buttiglione li barrisce a grande getto. Ed i desideri contano più dei pensieri: i pensieri vengono dalla ragione, i desideri dalla memoria e dal cuore. E “va’ dove ti porta il cuore”. A Saint Vincent, usurpando in nome dell’unico democristiano, Carlo Donat Cattin, i desideri in bocca di Tabacci e di D’Antoni erano singhiozzi.

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