E la libertà di nascere?

Di Sergio Morisoli
30 Maggio 2002
Il 2 giugno in Svizzera si vota un referendum per la depenalizzazione dell’aborto. Un opinionista liberale ci invia un contributo. Che volentieri pubblichiamo

La questione della depenalizzazione dell’aborto non può limitarsi a dividere il mondo in due: i cattolici da un aparte che dicono “No” e gli altri che diranno “Sì”. Che il No abbia una forte radice culturale e morale cristiana è fuor di dubbio, ma possono levarsi anche argomentazioni liberali. Proviamo ad applicare il metodo di indagine liberale, quello del dubbio.

Nasco ergo dubito

Quando la maggioranza decidesse che, se i costumi della società cambiano, necessariamente le leggi devono conformarsi alla tendenza, oppure se riterrà che nel lungo percorso per l’emancipazione della donna si deve considerare l’aborto una conquista come il diritto di voto o il riconoscimento della parità tra uomo e donna, si tratterà di una vittoria democratica; ma che tutto ciò sia anche una vittoria della visione liberale della società non è certo. Che gli aborti aumentino e le nascite diminuiscano non è un segno di progresso per la “società aperta”. La depenalizzazione dell’aborto ferisce questo ideale. Nel momento in cui venga sancita dal diritto la legittimità di far nascere solo chi vogliamo, indubbiamente il grado di apertura della società muta. Restringiamo lo spettro delle diversità umane, diminuiamo il tasso oggettivo di tolleranza della società e neghiamo le pari opportunità di divenire ad un essere indifeso che eliminiamo. Alla lunga si mina il valore a noi caro del rispetto dell’unicità di ogni individuo. Una volta infranto il confine essenziale del diritto naturale umano, quello della vita, molti altri sottosistemi di protezione potrebbero saltare. È facile che a qualcuno in laboratorio e in politica possa venire in mente di convincerci che è giusto creare degli esseri più o meno unici di altri; altri potrebbero dimostrare l’inutilità di mantenere in vita gli anziani, i malati o i down. Se un giorno, sulla base del risultato di questa votazione, la maggioranza legittimasse questo potremmo dirci più liberali?

Tutti sanno che è un essere umano

Sembra che il valore assoluto che occorre affermare il 2 giugno e che sovrasta tutti gli altri valori liberali sia quello della libertà di scelta. Nel difficile terreno dell’interruzione di gravidanza viene commesso un errore di logica: l’equazione depenalizzazione uguale libera scelta è scorretta. Se per esercitare questa libera scelta viene commessa violenza su un pugno di cellule che tutti sanno, nell’intimo della propria coscienza, essere l’inizio di un uomo o di una donna, oppure, appena dopo, su un embrione di cinque millimetri di cui si sente già il battito del cuore (6 settimane), o un po’ dopo ancora su un feto che avrà già mani e occhi (11 settimane); ebbene: siamo o non siamo di fronte ad un atto violento di un essere umano contro un altro essere umano? La scienza ci potrà forse confermare pienamente fra qualche anno che in quel pugno di cellule c’è già tutto i futuro dell’uomo; ora però dobbiamo decidere tramite il voto se difendere i più deboli (quelli che devono nascere) o difendere i più forti (quelli che non desiderano un’altra nascita). La nostra civiltà ha scelto di punire chi invade la proprietà privata, chi usa violenza, chi uccide, chi aggredisce e via di seguito. Il fatto reale che un aborto è la sommatoria di tali violazioni e che queste avvengono nella “proprietà privata” naturale del feto, il ventre materno, non è più sufficiente per concludere che si tratta di reato? Sembra di no se l’aggressore è la madre e se questa l’ha fatto come libera scelta sua in virtù del diritto di autodeterminazione. La madre dovrebbe decidere, lei sola, perché è la “proprietaria” del figlio. Ma è davvero così?

Come negrieri

Se ritenessimo che i figli siano una nostra proprietà materiale non saremmo liberali, ma schiavisti. Dunque, se non siamo proprietari come possiamo espropriare legalmente del diritto naturale di esistere un pugno di cellule che in un’evoluzione naturale verrebbe al mondo come essere umano? Che la donna, che commette l’aborto, non debba scontare una pena è condivisibile e giustificabile con la pietà umana. A tale proposito si fa ancora troppo poco per il sostegno postumo a chi deve portare dentro di sé lungo tutta la vita il peso di una decisione così drammatica; ma si fa altrettanto troppo poco per sostenere la donna nel momento della decisione, aiutandola a non compiere tale atto. Che per non condannare la donna si debba però semplicemente negare che il fatto compiuto sia un crimine ed un atto incivile, fa nascere il dubbio che non si stia affatto consolidando la certezza del diritto e della giustizia. Nel dubbio quindi, di fronte alla vita o alla morte, meglio scegliere la vita.

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