
Milioni di persone in piazza in Egitto per chiedere le dimissioni di Morsi: «Ha tempo fino a martedì»
Milioni di persone sono scese in strada ieri in tutto l’Egitto per protestare contro il governo dei Fratelli Musulmani e chiedere le dimissioni del presidente Mohamed Morsi, eletto esattamente un anno fa. Oltre 500 mila persone si sono riunite al Cairo e altrettante in Alessandria, ma enormi cortei hanno attraversato anche le città di Mansura, Menuf, Suez, Tanta, Mahalla, Suez e Assiut.
MOTIVI DELLA PROTESTA. Davanti alla crisi economica che sta attraversando l’Egitto, alla mancanza di lavoro, specie per i giovani, e alle tensioni causate dai Fratelli Musulmani, che governano rifiutando qualunque dialogo con l’opposizione, nei mesi scorsi 25 milioni di firme sono state raccolte «contro il regime islamista» per chiedere elezioni anticipate. Ieri Morsi ha ammesso di aver commesso degli errori nel governo del paese ma ha dichiarato che non si dimetterà. Il presidente è stato democraticamente eletto un anno fa ma secondo i sondaggi il suo gradimento è sceso dal 76 al 32 per cento dopo solo un anno.
SCONTRI E VITTIME. Le proteste hanno già causato 11 morti e 600 feriti, a causa degli scontri tra manifestanti e sostenitori dei Fratelli Musulmani, che hanno inscenato contro-proteste. Diverse sedi del partito Libertà e giustizia, braccio politico della Fratellanza, sono state saccheggiate o bruciate. Al Cairo è stato preso anche un ostaggio nel quartier generale degli islamisti.
PROTESTA CONTINUA. La situazione ora è migliorata anche se diverse centinaia di persone continuano a protestare al Cairo e nonostante l’ultimatum fissato dall’opposizione per Morsi: dimettiti entro martedì alle 17 o inizierà una campagna di disobbedienza civile. Oggi pomeriggio i leader dell’opposizione si riuniranno per decidere le prossime mosse: di sicuro, non abbandoneranno la protesta e non si fideranno dei tentativi di Morsi di calmare le acque. Le sue proposte di modifica della Costituzione islamista, che ha approvato a colpi di maggioranza, e di riunioni di “dialogo nazionale” sono cose già viste e non bastano più agli egiziani.
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