È morto il papà che non si è arreso alla paura nell’inferno indiano, custodendo la vita di moglie e figlioletta adottiva fino all’ultimo respiro sotto il casco: «Simonetta, mi affido. Stai sicura che Dio è più grande»
I funerali di Enzo Galli, il papà adottivo morto il 25 agosto all'ospedale di Careggi dove era ricoverato dallo scorso 8 maggio a seguito della positività al Covid (foto Ansa)
I funerali di Enzo Galli, il papà adottivo morto il 25 agosto all’ospedale di Careggi dove era ricoverato dallo scorso 8 maggio a seguito della positività al Covid (foto Ansa)
«Preferisco morire che tornare in Italia senza Simonetta e Mariam»: chi mai l’avrebbe fatto, abbandonare moglie e la figlioletta adottata nell’ora più buia della pandemia, in quell’enorme latrina umana che a Nuova Delhi chiamavano ospedale? No, scriveva Enzo Galli al parroco don Ivo di San Lorenzo e San Martino a Campi Bisenzio, lui non sarebbe tornato in Toscana da solo lasciando Simonetta fissare con orrore i corpi ammassati sulle barelle e i pavimenti morire di Covid, senza ossigeno, divorati dai batteri, tra coperte sporche di sangue e urina.
Ed Enzo era riuscito a portarle a casa. Ci erano voluti giorni, gli occhi della piccola gli si erano annidati nel cuore ad aprile e in fretta l’uomo si era trovato da solo con lei in una stanza d’albergo, mentre Simonetta, risultata positiva al tampone in aeroporto il giorno del rientro, era stata portata in isolamento. Di Enzo Galli e Simonetta Filippini, la coppia fiorentina intrappolata dalla variante Delta in India dove si erano recati per adottare la piccola Mariam Gemma, abbiamo imparato a conoscere l’angoscia, i disperati appelli perché qualcuno li aiutasse a tornare in Italia, «aiutateci, qui muoiono tutti».
Enzo sapeva di non avere schivato il Covid
Abbiamo pensato a questo papà dalla faccia buona, le dita della piccola di due anni e mezzo aggrapparsi alle sue mani grandi mentre armeggiava con i cambi, le pappe, la domanda «e mi dovessi ammalare anche io, cosa ne sarà di nostra figlia?». E abbiamo anche pensato a questa bambina, uscita dall’istituto aggrappata a quelle grandi mani che avevano iniziato a custodirla, «adesso andiamo a casa», e che per giorni, febbrilmente, digitavano sulla tastiera del telefono i numeri della moglie, degli amici in Italia, dei giornali, dell’ambasciata che durante il maledetto lockdown li aveva costretti a un’altra maledetta e fatale settimana in un albergotrasformato da un matrimonio con centinaia di invitati in una tana del virus.
L’abbiamo immaginata piccina e con gli occhi enormi salire su quell’aereo per il biocontenimento che l’avvocato Elena Rondelli, amica di famiglia, era riuscita a inviare laggiù raccogliendo 134 mila euro tra parenti, conoscenti, amici, perfetti sconosciuti commossi dalla storia di Enzo e Simonetta. Un aereo con un medico, come quelli che avrà visto in ospedale a Nuova Delhi, come quelli che l’avrebbero accolta all’arrivo a Firenze e curata con pazienza e dolcezza infinita durante la quarantena all’ospedale pediatrico Meyer dove il papà aveva fatto a lungo il volontario, inseguendo per cinque anni una adozione. Avrà pensato a lui e lui a lei, ogni secondo, sotto il casco. Enzo sapeva, mentre sorvolava l’oceano di non avere schivato il Covid. Non aveva detto niente a Simonetta, «stava già male, ma non mi aveva detto niente. Temeva che ci togliessero nostra figlia. Me lo ha confessato dopo la partenza dall’India» racconterà la moglie al Corriere.
«Vi amo. Stai sicura che Dio è più grande»
Erano risultati tutti e tre positivi all’arrivo in Italia, e se poco ci avevano messo mamma e figlia a negativizzarsi, lui aveva iniziato ad annaspare. I medici avevano spiegato a Simonetta che Enzo era arrivato senza forze, col Covid e due setticemie, batteri presi in ospedale a Nuova Delhi. Ma non le aveva fatto mancare nulla, soprattutto la speranza che sarebbe guarito. Anche quando dopo settimane di cure disperate le chiese di vedere la bambina prima di essere intubato e sedato. Quella sera, era il 29 maggio, prese il cellulare: «Mi intubano, ora ti saluto. Amore da domani non parleremo più. Mi affido totalmente alla volontà di Dio e alle decisioni che prenderete. Vi amo tanto. Stai sicura che Dio è più grande».
Abbiamo immaginato, il 25 agosto, il famigerato allarme intermittente che registra il battito del cuore lasciare il posto a un unico interminabile suono dopo tre ore di crisi, i reni, il fegato, il corpo che collassa. E ieri, la folla commossa nella parrocchia di San Lorenzo ai Campi Bisenzio mentre Simonetta saluta il suo Enzo, «quel “marito, padre e figlio di Dio” che nei suoi 45 anni di vita ha donato amore a tutte le persone che ha incontrato. In tanti sono accorsi per dirgli addio: parenti, amici, parrocchiani, la comunità dei diaconi, di cui Enzo aveva deciso di far parte. In chiesa non c’è posto per tutti, c’è chi segue dalla sala dell’oratorio dove è allestito un maxi schermo».
Una bambina e una nuova speranza
Dice Simonetta, ricordando quelle ultime parole affidatale dal gioioso marito, che Enzo «mi ha lasciato l’unità della famiglia, l’amore il mettere al primo posto Dio. Enzo si è affidato alla volontà di Dio: non era la mia, ma so che lui è sempre con noi». E se nulla ci era estraneo nelle parole di un padre che non voleva abbandonare la moglie e la figlioletta in India, nulla ci è estraneo in quelle di Simonetta sovrastata dalla vicinissima morte e arresa a una volontà che non era la sua. Simonetta, che al microfono di una giornalista sussurra, certa, «Enzo mi ha detto “stai serena, Dio è più grande” e io voglio vivere così, sapendo che Dio è più grande».
L’arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori ha inviato un messaggio: «In questi mesi ci ha sorretto la speranza in un felice esito della malattia di Enzo. Ora ci è chiesto di lasciarci orientare dalla stessa speranza, ma con uno sguardo che va oltre questa vita e si proietta nell’eternità. Ci è chiesta la prova della fede, che riconosce nella croce la premessa della risurrezione, insieme a Gesù. Per questo preghiamo con tutte le nostre forze, sapendo che l’amore del Padre è più grande della morte, e che l’amore di un marito e di un padre continua anche oltre la morte, dal cielo». È allora che dopo aver visto l’angoscia, gli appelli disperati, il casco calato su Enzo possiamo vedere anche Mariam che gioca serena, finalmente a casa, mentre aspetta la mamma: una mamma che ci ha reso partecipi del suo pianto e della sua paura, nelle ore più buie del Covid, e che ci fa oggi partecipi di una nuova speranza, spalancata dalle ultime parole di Enzo alla vita.
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