
Exit Al Qaeda, l’islam dello scontro frontale con l’Occidente
Dunque l’Italia va in guerra, nel momento in cui si apre una lotta frontale dove è in gioco la vita di Bin Laden: che sembra non sfuggirà, ma guiderà l’ultima battaglia degli “arabi”, cioè della milizia internazionale riunita sotto il suo nome. Quanti ricordi europei in questa guardia rivoluzionaria degli “arabi”, gli islamisti della morte, creati dagli americani e dai sauditi nella guerra contro i sovietici! È il partito rivoluzionario europeo che rivive in loro, sembrano i combattenti del Terzo Reich o della Rsi quando gli alleati occupavano i loro paesi. Nel mondo islamico la lotta politica non è mai stata una passione. Gli algerini e i francesi si massacrarono durante gli otto anni della guerra d’Algeria: e poi pacificamente convissero. Bin Laden ha una concezione romantica dell’islam: pensa che la sua caduta attorno ai suoi mille uomini contro gli afghani d’Afghanistan e la potenza americana facciano rinascere Al Qaeda in tutto il mondo musulmano. Non sembra l’ipotesi più probabile: proprio l’abbandono dei pashtun talebani mostra che infine l’islam copre una moltitudine di realtà diverse in cui le solidarietà reali e le memorie comuni sono scarse. L’islam ha creato l’umma, ma non delle comunità di sangue e di carne. Quando negli anni Cinquanta di due secoli fa ci fu un movimento del Mahdi in Sudan, esso infuocò il paese, ma fu dimenticato dopo la sconfitta da parte degli inglesi. Ora assisteremo da protagonisti all’ultima fase dell’ultima guerra d’Afghanistan, l’ultima volta in cui questo paese ritorna ad essere il centro del mondo, a causa della guerra, infine tutto lascerà il passo alle consuete lotte d’afghani contro afghani, Bin Laden non sarà forse preso vivo, stando alle sue dichiarazioni, ma vivo sarebbe un problema in più per gli americani. Naturalmente s’apriranno ora altri fronti. L’Irak è uno di essi. In queste circostanze gli Usa decideranno di far fuori definitivamente l’arsenale irakeno e a chiudere così la questione irakena, sorta dalla volontà dell’Irak di diventare potenza di armi di una guerra dal debole al forte, il chimico, il batteriologico, il nucleare. Sono le vere armi pericolose della guerra contemporanea, e solo nel mondo islamico vi è la volontà possibile di usarle. La guerra continuerà nell’area in cui sono costituite le basi di Al Qaeda (dalla Somalia, alle Filippine, all’Indonesia), anche se le sorti di Al Qaeda in Afghanistan saranno segnate. Ciò non vuol dire che il futuro del terrorismo islamico sia chiuso, nell’incrocio tra Brasile, Ecuador e Bolivia esiste una città dei rifugiati islamici che può costituire ancora un pericolo. Solo ora si è creata una coscienza della possibilità di violenza totale che l’islam porta con sé, di cui il terrorismo di Bin Laden è stata un’inattesa manifestazione. Ma infine i fatti afghani mostrano che si possono dissociare gli islamici dal terrorismo e che la guerra che deve essere combattuta può essere vinta. E che il mondo islamico può essere liberato con la sconfitta del terrorismo di Al Qaeda dalla tentazione della contrapposizione frontale all’Occidente.
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