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Pasolini e quelle sequenze come dipinte

Galleria dei ricordi figurativi di PPP, dal finale caravaggesco di “Mamma Roma” ai rimandi a Piero della Francesca nel “Vangelo secondo Matteo”
Mamma Roma
Anna Magnani protagonista del caravaggesco ritratto di gruppo che caratterizza i tragici minuti finali di Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini (1962)

Tra i registi cinematografici italiani, chi attinge più frequentemente alla pittura antica è Pier Paolo Pasolini. Fornito di un patrimonio non indifferente di conoscenze nel campo dell’arte, alimentate dall’aver seguito a Bologna i corsi universitari del grande Roberto Longhi, Pasolini inserisce nei film dei primi anni Sessanta scene e fotogrammi desunti da testi figurativi, selezionati al filtro delle sue preferenze, che, data la difformità cronologica e stilistica, è difficile inquadrare entro un codice estetico unitario. In cima a tutti i pittori, egli poneva Masaccio, ma tale dichiarata predilezione non trova immediate rispondenze nei suoi film, tranne forse in Accattone che è del 1961. Da altri maestri, invece, Pasolini raccoglie allusioni e vere e proprie citazioni.
I film che ne abbondano sono tre: Mamma Roma (1962); La ricotta (1963), uno dei quattro episodi, della durata di 34 minuti, che compongono il lungometraggio dal titolo Ro.Go.Pa.G., formato dalle iniziali dei registi a...

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