Per fortuna c’è ancora qualcuno che sa stupire questo paese invecchiato da un governo immobile

Proviamo ad analizzare gli effetti psicologici di un gesto accaduto qualche giorno fa, di cui si parlerà ancora per molto tempo. Il leader della Casa delle Libertà, Silvio Berlusconi, che ha lanciato qualche giorno prima una raccolta di firme tra i cittadini per la fine del governo Prodi, si reca, in chiusura di campagna, al banco di piazza San Babila, a Milano. Qui annuncia, nell’ordine, 1) che sono state raccolte otto milioni di firme, con nome cognome e residenza dei relativi cittadini, 2) che la Cdl, l’alleanza elettorale e politica da lui fondata, e dove conviveva tra alterne vicende l’opposizione al governo Prodi, è da considerarsi chiusa, 3) che chi lo desidererà potrà aderire a un partito cui Berlusconi stesso darà vita tra breve, e che si chiamerà Partito del popolo della libertà, o Popolo della libertà. Partono subito, naturalmente, le interpretazioni politiche, e personali. Ma cosa succede nell’animo e nella psiche delle persone? Proviamo a capire.
Il primo effetto è: stupore. Sia per l’entità della protesta manifestatasi con le firme, sia perché è stato il leader a sciogliere la sua stessa coalizione, in un paese dove l’incollamento alla poltrona, alla funzione, all’immagine consolidata è la regola quasi universale. Sia, infine, per la nuova “invenzione” (come direbbe Alessandro Manzoni), la nuova idea trovata e proposta: il popolo della libertà. La maggior parte della gente, quella che ancora riesce ad avere un moto di spontaneità, è stupita. Questo stupore è una cosa grande. Nei paesi vecchi, come è l’Italia politica, non ci si stupisce più di niente. Il che vuole dire che non si vive più, non si cresce più, non si cambia più. Si sopravvive in una triste difesa delle proprie posizioni. Uno che ti stupisce, ti risveglia dal sepolcro, ti dà una scossa vitale. Credo che i lettori di questa colonna selvatica mi credano quando assicuro loro che non ho la minima idea di cosa produrrà nei giochi politici quell’annuncio, e non mi appassiona neppure così tanto. Da terapeuta, a me sta a cuore che la vita si accenda e non si spenga. E, da studioso di scienze sociali, apprezzo le azioni e ideazioni che nutrono la vita, e lo stupore che l’accompagna, nella società.
Lo stupore è poi la condizione perché un altro sentimento si risvegli nella psiche collettiva: la speranza. Il fare cose nuove, l’accantonare cose vecchie, stimola nell’animo umano il risveglio delle energie della speranza. Il cui graduale spegnersi, in tutti, giovani e vecchi, di destra o di sinistra, è stato, a mio avviso, uno dei fenomeni più tragici prodotti dal governo Prodi. Che ha spento le speranze perché non ha fatto nulla, tranne cose paralizzanti, che hanno reso più difficile, pesante e faticosa la vita di tutti. Le tasse, ad esempio, paralizzano, perché tolgono risorse (e speranze), gli investimenti (Tav, ponte di Messina, innovazione), che il governo non fa, mobilitano nuove speranze, perché fanno crescere nuove energie. Aver rimesso in circolo stupore e speranza, in una politica affascinata dall’immobilità e dalla senescenza, è anche, però, una grande responsabilità. Gli aspetti giovani della psiche collettiva, quelli che sanno stupirsi e osano sperare, hanno bisogno di padri saggi, anche se creativi come fanciulli.
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