Forza Milano, forza Lupi

Perché l'ex ministro sarebbe la scelta giusta del centrodestra per la sindacatura di guerra che aspetta il capoluogo lombardo. E una postilla dovuta all'assessore Bolognini

Cronache di mezzo lockdown / 20

Mi pare bello che non soltanto io e il poeta Davide Rondoni siamo per riportare Maurizio Lupi a Milano. E a riportarlo come sindaco, cittadino primo tra pari, dopo che per errore cinque anni fa il nostro amico partecipò alle amministrative – lato giusto per carità: Stefano Parisi – solo di sghimbescio.

Sento nel fronte pop del centrodestra e leggo sui suoi principali organi di informazione che uno dei cinque papabili in cima a Palazzo Marino è proprio lui. Ieri mattina c’è stato un summit tra i leader del centrodestra. E lui c’era. Come leader e ipotesi di candidatura. Forse non è solo mia e di Davide la convinzione che Maurizio può essere il candidato giusto. Magari irrobustito dall’innesto in attacco di Silvia Sardone, mitica popolana leghista – e popolana neanche troppo, visto che ha un fior fior di laurea e master Bocconiani – che non se la tira neanche un po’ ma è un molossoide della politica che se si pone un obiettivo state sicuri che non lo molla finché non lo sbrana.

Comunque sia, il nome di Lupi sarebbe stellare per una sindacatura di guerra come la prossima che ci aspetta. Primo, perché Lupi è nato, ha combattuto ed è emerso alla vita politica molti anni fa da un quartiere che era un inferno di sottoproletariato e disservizi (Baggio-Forze Armate) e col passare degli anni è diventato un quartiere pressoché borghese e ben congegnato di infrastrutture (certo anche se, come si dice, al meglio non c’è mai indifferenza). Non nego che gli abbiano fatto del bene – dico a Baggio – anche il mio amico comunista Pantaleo e il mio amico tout court Tatarella. Però Lupi è stato l’apripista e la stella del riscatto di una periferia e, in generale, delle periferie di Milano. Certo al tempo in cui Milano fu governata dal frizzantissimo e nerboruto Gabriele Albertini, con Lupi all’Urbanistica, autore di una rivoluzione antiburocratica che ancora adesso tutti in Comune ricordano come apice di governo liberale e di progresso civile.

Seconda ragione per la quale Lupi può e deve correre come candidato sindaco di Milano è che da ormai parlamentare navigato e di lungo corso egli ha fatto tesoro dello sbando degli ultimi anni, ormai conosce benissimo tutti gli angoli oscuri di Roma, i suoi preti e padroncini, e dopo la cacciata dal parlamento di Silvio Berlusconi, ci ha messo un po’, ma adesso è tornato convintamente nella piena disponibilità delle forze cristiane, liberali, berlusconiane. È tornato il forzista d’antan che è sempre stato.

Terzo, Lupi, che ha letteralmente rigenerato Fiera Milano, il Polo internazionale più importante del capoluogo lombardo, sa cosa è il popolo (il padre muratore e la madre operaia all’Alemagna) e al tempo stesso ha svolto impeccabilmente la sua carriera, lavorando a rappresentare la media e piccola imprenditoria che è la peculiarità e il salvagente dell’economia milanese e lombarda che traina tutta Italia. Da Bernardo Caprotti a Carletto Fumagalli (per non parlare della Fondazione Costruiamo il futuro, animata da imprenditori della Brianza), Lupi conosce ogni angolo del commercio, industria e artigianato milanese. Dunque, chi meglio di lui si può e si deve candidare a far sloggiare il console a Milano del primo Matteo Renzi e adesso del laziale, romanocentrico e statalista exneopost e sempre comunista Nicola Zingaretti?

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Postilla. Sfrutto la presente cronaca per adempiere all’obbligo morale di una precisazione non richiesta ma che mi preme fare per verità di cronaca nei confronti dell’assessore regionale lombardo della Lega Stefano Bolognini. Il quale è stato da me metaforicamente malmenato a più riprese perché l’ho ritenuto colpevole di aver rifiutato 900 mila euri destinati dal ministero di Giustizia ad alleviare gli effetti dell’emergenza Covid nel circuito penitenziario lombardo. Ingiustamente!

Lo scopro solo adesso. Perché timido forse com’è – e certo non dalla ghirba feroce come descrive il leghista tipo il cronista di sinistra tipo – ha preso solo due giorni fa l’iniziativa Whatsapp di comunicarmi: «Scusa, hai un minuto?». Mi ha spiegato, ci siamo spiegati. E ripromessi un caffè. Generosamente offro io. Ho capito che dovevo prendermela con un certo altro assessore che neanche nomino per non fargli pubblicità presso i forcaioli del put.

Però, tornando sul leghista assessore regionale lombardo Stefano Bolognini (ripeto, che mi ha sorpreso per i modi timidi e gentili: «Non ti chiedo nessuna smentita, volevo solo informarti di una cosa che proprio non ho fatto io»), mi sovviene che così nascono anche le amicizie durature. Certo non puoi scordare una forma estrema di umiltà quando uno ha un potere e ti può se non querelare perlomeno infilzare di informazione priva di fondamento perché «la delega alle carceri non ce l’ho più io da un pezzo e quindi con l’affare dei 900 mila euro non spesi io non ho nulla a che fare». Grazie Stefano. E allora ricorderemo solo un peccato di giunta, popolare e non infoiata di cappi, a cui siamo certi il presidente Attilio Fontana saprà trovare prima o poi il modo di rimediare. 

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