Georges Brassens, il poeta miscredente alla ricerca di Dio

Di Leone Grotti
23 Ottobre 2021
Il grande cantautore francese, maestro di De André, venerdì avrebbe compiuto cent'anni. Un libro in Francia smonta la sua immagine di libertario ateo, mostrandone la profondità spirituale: «Se Dio esistesse, come lo amerei!»
Il cantautore francese Georges Brassens

Il cantante francese Georges Brassens

«Lo sai, io non sono un miscredente, come dicono alcuni. Io credo in Dio, ma siccome sono un bugiardo, dico il contrario». Chi confidava queste parole a un caro amico poco prima di morire? E chi scriveva nei suoi diari: «Che il buon Dio non esista mi fa incazzare»? E ancora, chi esclamava d’un tratto durante una conversazione virata chissà perché sulla Bibbia: «Se Dio esistesse, come lo amerei!»?

Georges Brassens, il poeta miscredente

Che ci crediate o no, si tratta di Georges Brassens, il più grande cantautore francese, morto di cancro nel 1981 e che venerdì avrebbe compiuto 100 anni. Il maestro del nostro Fabrizio De André, universalmente riconosciuto come genio letterario, definito spesso “poeta miscredente” e “libertario ateo”, aveva in realtà una profondità spirituale sconosciuta ai più. Ed era più alla ricerca di Dio di quanto si creda.

A rivelare la natura nascosta dell’uomo dai mustacchi più importanti del mondo della musica è un libro uscito in Francia a settembre di Théophane Leroux e intitolato Brassens à rebrousse-poil. Il volume, che si guarda bene dal tratteggiare il cantautore come un santo che nessuno conosceva come tale, ha il merito di liberare Brassens dalla gabbia monolitica in cui la critica lo aveva rinchiuso, facendone scoprire degli aspetti inediti maturati nell’arco della sua vita.

«Cristo è il mio poeta preferito»

Come diceva a un giornalista, «più invecchio e più dubito: non ho alcuna certezza». Infatti, nel corso degli anni è passato dai giudizi trancianti a posizioni più morbide anche sui gendarmi, uno dei principali obiettivi polemici nelle sue canzoni, e perfino sui preti. In un’intervista dichiarava perfino che «il Cristo è il mio poeta preferito» e che «il Vangelo è il mio poema preferito: se c’è qualcosa di mistico nelle mie canzoni, viene da lì».

Queste parole non fanno certo di Brassens un chierichetto e non è un caso se dieci anni fa il parroco di Saint-Laurent-des-Arbres (Gard) vietò un concerto in chiesa, perché il programma prevedeva anche alcune canzoni di Brassens: «Quando è troppo è troppo», si giustificò: «È un anticlericale!». Lo era davvero Brassens e criticava spesso i cattolici rinfacciando loro: «Avete tra le mani la felicità degli uomini, cioè il comandamento: “Amatevi gli uni gli altri”. Non esiste niente di meglio, ma che cosa ne avete fatto?».

«Dio non accoglierà male Brassens»

Se non era un santo, il cantante con la pipa, aveva però un’idea non moralista e molto fine della morale cristiana. Non è un caso se nella canzone L’assasinat, che De André ha ricalcato nella sua Delitto di paese, fa andare in Paradiso un assassino solo perché ha avuto l’umiltà di pentirsi e di piangere sul cadavere della sua vittima. Ed ecco perché, in un’altra intervista che pochi ricordano, affermava: «Sono un cristiano in ciò che è essenziale perché amo davvero le persone. Ecco perché mi dico che, se Dio esiste, non accoglierà troppo male Brassens».

Parole che ricalcano i versi di Miscredente, Le mécréant:

«Je n’ai jamais tué, jamais tué non plus, / Y’a déjà quelques temps que je ne vole plus ; / Si l’Éternel existe, en fin de compte, il voit / Qu’je m’conduit guère plus mal que si j’avais la foi»

@LeoneGrotti

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