«L’arte si ribella a questa alienazione collettiva in cui tutti devono assomigliarsi»

Di Elisa Grimi
08 Agosto 2023
Intervista al pittore francese Gérard Venturelli in occasione della sua mostra a Sanremo dedicata alla libertà: «Nell’ex carcere di Santa Tecla esploro tutte le possibilità di fuga dalla reclusione»
Una delle opere di Gérard Venturelli esposte nella mostra “Vertigini della fuga“, al Forte di Santa Tecla, Sanremo, fino al 6 settembre 2023
Una delle opere di Gérard Venturelli esposte nella mostra “Vertigini della fuga“, al Forte di Santa Tecla, Sanremo, fino al 6 settembre 2023

“Vertigini della fuga”, la mostra di Gérard Venturelli esposta al Forte di Santa Tecla, Sanremo, fino al prossimo 3 settembre, è un progetto sensazionale in un contesto unico. Il tema è la libertà, e in questa intervista il pittore di Parigi ci guida tra le sue opere.

Innanzitutto, dove nasce l’ispirazione? Perché questo tema è dominante nella sua pittura tanto da costituire un percorso tra le sue opere?

Al Forte Santa Tecla di Sanremo, ex carcere fino al 1997, la libertà assume una dimensione ancora più simbolica. La libertà non è un tema, è un’energia che cerca costantemente di esplorare, a qualunque costo, tutte le possibilità di fuga dalla reclusione. È un desiderio disperato che guida ancora il senso della vita… L’idea era di progettare una mostra in cui la pittura potesse provocare sconvolgimenti inaspettati. In ogni quadro, liberati dalla gravità, i corpi fluttuano e vanno alla deriva, agitati da tormenti e angosce profonde. Sembrano voler riscoprire i piaceri dell’infanzia, l’irruenza e l’esuberanza delle sue manifestazioni, dove nulla trattiene la leggerezza e la libertà dei suoi giochi.

L’esposizione si intitola “Vertigini della fuga”. Ci può spiegare meglio che cosa si intende con “fuga”? Quale la sua concezione dell’uomo e dello spazio che abita?

Il titolo si riferisce soprattutto alla forma musicale della fuga, a questa particolare tecnica compositiva in cui il tema trapela da una voce all’altra, in cui il disegno melodico si ripete, sviluppando gradualmente la polifonia e questa sensazione vertiginosa di non afferrare nulla, di essere travolti, trasportati in un movimento incessante che è simile allo smarrimento, al panico… Il disegno e la colorazione di queste linee che attraversano lo spazio del quadro devono essere strutturati e organizzati. La fuga richiede strategie sapienti, processi metodici di elaborazione che ne consentano la realizzazione e la fruizione. Naturalmente, questa fuga è anche in linea con il desiderio di fuga che la prigione suggerisce. La fuga è l’espressione del disagio, la manifestazione dell’oppressione. È una fuga la cui vertigine è simile a un’intossicazione.

Gérard Venturelli
Gérard Venturelli (foto da gerardventurelli.fr)

La libertà come attimo da assaporare prima della fuga. Dopo la fuga non vi è libertà? Quale concezione di libertà emerge dalle tele?

Ogni quadro è una proposta, un esercizio di deriva dei sensi, una sensazione di non sapere cosa sta succedendo, una profusione di forme e segni che sfidano la comprensione… Ognuno organizza il suo volo attraverso un accumulo di notazioni che ne costituiscono la sostanza e la profondità. Il luogo dove, come magma tellurico, l’energia brulica e si concentra per trovare le modalità della sua eruzione. Dove l’effervescenza agita ogni segno fino al suo punto di fusione e ogni linea alla sua massima tensione. Ogni quadro cerca di mantenere l’effusione di tutti gli elementi che gli danno carne, che lo rendono un inferno incandescente e luminoso… Sta poi allo spettatore esporsi a questa ondata di sensazioni e accoglierne tutti i movimenti e le esondazioni.

Ci parli ora della sua tecnica: in quale scuola affonda le sue radici? Carboncino, pastello, acrilico, olio per poter creare l’idea del movimento…

Se c’è una scuola d’insegnamento ancora viva e vegeta è la grotta Chauvet, dove da 36 mila anni l’essenza stessa di ciò che potrebbe essere “scuola” sgorga da questo luogo terreno, dove si è svolto per la prima volta questo tentativo di liberazione, dove l’uomo è nato a se stesso liberandosi dalla sua natura umana e affrontando la sua nuova condizione. Con pochi pezzi di carboncino e pochi pigmenti depositati sulla superficie del muro, questo desiderio folle, questo bisogno assoluto di mettere a nudo ciò che ostacola la visione, esplode per sempre. Fu allora che l’uomo divenne diverso e, per imposizione, diede vita alle prime immagini della sua storia. Ma da allora l’uomo non ha mai smesso di cercare di controllare e codificare questo impulso originario.

L’arte è astratta, vi sono delle linee interpretative oggettive o tutto è lasciato alla prospettiva del soggetto?

In concreto, sulla superficie del dipinto appaiono frammenti di forme corporee. Attraverso incessanti sovrapposizioni e accostamenti di segni e aree piatte di colore, un movimento prende forma in questi continui spostamenti di ritagli di carta. Una lenta stratificazione si costruisce, dando spessore a queste continue ripetizioni, dove pulsano le vibrazioni di ogni gesto, dove circolano le fluttuazioni e i tremolii di un’instabilità sulla pelle. Un respiro… Lentamente, tutte queste carte assemblate riescono a strutturare un ritmo o una cadenza. Danno forma a queste linee che si intrecciano, a questi grovigli grafici la cui presenza è esacerbata dal colore. Mani o piedi emergono da questi imbrogli di segni, le teste si alzano come in preda al panico per questi tentativi di rappresentare questa dissolutezza di incitamenti.

La sua arte è fine a se stessa o trova nella sua espressione anche un impegno pedagogico e sociale? Assistiamo a un mondo in cui è sempre più presente un disimpegno culturale con la conseguenza di un crescente abbassamento del livello di formazione tra i giovanissimi. Che cosa vuole trasmettere con le sue opere? E con questa esposizione nello specifico?

Esposto allo sguardo dell’altro, ogni quadro si offre come un dono con la singolarità di ciò che è. Non trasmette nulla, non ha un messaggio da consegnare. È un’energia ardente e appassionata, un imbarco per Citerea o altrove, un tentativo di rapimento, di estasi. In ciò che emana e diffonde, ogni quadro vorrebbe essere un’irradiazione capace di contaminare lo spettatore e di proiettarlo in un’euforia e in un’esultanza in cui non si riconosce, in un’eccitazione che gli mette le ali e la voglia di sollevare montagne, questo desiderio di eccesso e di superamento di sé. A Sanremo, questa mostra tenta di liberarsi da questa reclusione. Che paradosso per un ex carcere! Qui ogni quadro emette un grido che spero sia di piacere e di gioia.

Opera di Gérard Venturelli (200x250 cm) esposta nella mostra “Vertigini della fuga“, al Forte di Santa Tecla, Sanremo, fino al 6 settembre 2023
Opera di Gérard Venturelli (200×250 cm) esposta nella mostra “Vertigini della fuga“, al Forte di Santa Tecla, Sanremo, fino al 6 settembre 2023

L’arte contemporanea interroga nella sua espressività inevitabilmente sul presente: guardando alla situazione europea e mondiale in cui la conflittualità tra popoli è sempre crescente, qual è il compito dell’arte? A che cosa essa può richiamare?

L’arte non ha altro compito da svolgere se non il proprio. Ma oggi si chiede agli artisti di partecipare alle questioni sociali, di essere facilitatori socioculturali e di essere indifferenti, di confondersi o di scomparire come una singolarità… Devono partecipare a questa alienazione collettiva in cui tutti devono assomigliarsi. Oggi tutte le differenze sono rivendicate e sottoposte agli stessi dettami di uniformità. L’arte è ovunque: sul piatto come per strada! L’artista deve uscire dalla sua torre d’avorio e farsi coinvolgere negli eventi quotidiani della vita. L’arte non lascia più il segno, e se ha ancora questa pretesa, viene rapidamente cancellata e scompare nel frastuono assordante dell’insignificanza. L’arte è un atto di resistenza che riflette il nostro rapporto con l’altro e con il mondo, e non può dissolversi nella solita volgarità.

Affermava Teilhard de Chardin che «l’uomo moderno è ossessionato dal bisogno di spersonalizzare (o di rendere impersonale) ciò che più ammira» (Il fenomeno umano). Considerando che è la libertà ciò che più ammira, la vertigine ritratta nelle sue tele manifesta il tentativo mancato dell’uomo moderno di tale spersonalizzazione. L’arte torna allora ad affermare l’anelito infinito dell’uomo, la poesia, in un certo senso l’essenza dell’io che non basta a sé stesso.

Oggi, ma anche ieri, la questione dell’arte è devitalizzata, pervertita, ridotta a diventare la piacevole confezione della nostra vita quotidiana. La saturazione di immagini e informazioni spersonalizza la nostra attenzione e il nostro sguardo con il suo flusso costante di stimoli. Tutto si fonde, nulla si distingue. Tutto viene consumato con la stessa indifferenza. Questa demagogia lusinghiera allontana ogni residuo di ribellione. La crescente impersonalità e la corsa a celebrare questa inesistenza incoraggiano questa perdita di significato. L’arte sta diventando un prodotto come un altro, venduto come una qualsiasi merce. Come combattere questa disaffezione? Perseguendo, controcorrente e a qualunque costo, questa sfida solitaria che osa ancora credere nella sua ragion d’essere e senza la quale cesserei di esistere.

Infine una inevitabile curiosità: su che cosa sta lavorando oggi? Quale il tema della prossima esposizione?

La prossima mostra si terrà vicino a Parigi, al Musée de Saint-Maur-des-Fossés. A differenza della mostra di Sanremo, dove l’enfasi è posta sul movimento attraverso l’enorme spazio della sede, a Parigi, data la configurazione delle sale espositive, si tratterà piuttosto di muoversi nel tempo dell’opera, attraverso i sussulti e la logica delle sue trasformazioni. Dopo il tema della “Vertigine della fuga”, la mostra si concentrerà sulle “Dérobées de l’étreinte”, un altro titolo che esprime l’impossibilità di afferrare.

In tre parole: perché non bisogna perdersi la mostra “Vertigini della fuga”?

Al Forte Santa Tecla di Sanremo, i dipinti in mostra spero incarnino e trascendano tutte quelle parole storpiate e balbettate. La pittura, come la musica, è un’esperienza che sblocca il corpo e lo trasporta al di là delle parole, dove fugge da se stesso, dove gode di questo incontro che lo metamorfosa e lo soggioga. Questa mostra è un invito a condividere le esplosioni e i giochi di colore di queste peregrinazioni.

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