GIALLO-NERO

Di Caterina Giojelli
16 Dicembre 2004
Sarà che il mio primo libro s’intitolava Dieci piccoli indiani

Sarà che il mio primo libro s’intitolava Dieci piccoli indiani, sarà che la nonna mi ha istruito sulle nefandezze del mondo a colpi di “Chi l’ha visto”, sarà che da allora il quieto vivere s’è trasformato in una generale spy story, di quelle che se tutto va storto è certamente causa di insospettabili figuri che ordiscono trame ai danni dei buoni di spirito (è mia recente convinzione che sia stato il portinaio a organizzarmi il ratto, prima della pompa, poi della bici, un’Holland nuova di pacca)… sarà tutto questo, fatto sta che alle immaginette di temporali tra le pagine di Agatha Christie, nell’era dove a tutto ci si abitua e “Nightmare” terrorizza quanto il gatto con gli stivali, io dico Giallo 1 “Il racconto dei casi di cronaca nera” di Italia 1 che dipana le matasse dell’informazione intorno ai casi (chiusi?) degli ultimi anni. Meglio di Agatha Christie, pensavo da incosciente, ma il fatto è che la documentazione storica e i filmati strappano violentemente dalla perversa ricerca del brivido da romanzo per dire di più. Complici una, stranamente, non ultradrammatica Irene Pivetti, la presenza dei protagonisti (parenti, avvocati o incriminati e assolti) e inquadrature che da angoletti e parapetti ruotano attorno a loro come mosche spione, quello che sovrasta ogni ipotesi di intrigo, iter giudiziario e analisi scientifiche è la forza incredibile dello spaccato umano. La stampa, gli amici, i testimoni. Basti il delitto di Versace: bastino le immagini sommerse di vita pochi giorni prima gli spari davanti Casa Casuarina. Basti l’ultimo secondo di vita fermato da un video amatoriale prima che fosse trasportato lontano. Bastino le parole di quell’Antonio D’Amico che se lo vide morire innanzi, basti il suo ricordo per poter dire che, se non da un punto di vista giudiziario, umanamente parlando “il caso è chiuso”: Gianni Versace è adesso caso Altro.

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