Giullari e ciclostili.Tempi duri

Di Luigi Amicone
07 Aprile 1999
Lettere

Carissimo Direttore, noi poveri uomini comuni, con l’aria che tira, non riusciamo ad accedere al paradiso enogastronomico di Vissani anche perché, viaggio compreso, dovremmo chiedere un leasing per il quale non abbiamo fido bancario sufficiente. Non riusciamo, quindi, ad entrare nel merito di quanto asserito (e gustato) da Paolo Massobrio nell’elogio di “prezzemolo” Vissani, anche se non possiamo non credere al brillante “giornal’oste”.

Ma il problema non è questo. Data per scontata la maestria di Vissani, è l’uso che se ne sta facendo che preoccupa noi uomini comuni. Perché noi stiamo percependo, con un certo brivido alla schiena, che tutto oramai viene preso dentro in quel mieloso vortice che è l’attuale regime: ed allora Vissani diventa (guardacaso dopo che Vespa si è posato su quel miele) il re della cucina, Veltroni (ancora col recidivo Vespa) diventa il consigliere buono e paterno di Benigni, Prodi (sì, proprio il vecchio presidente Iri) diventa un “nuovo” statista europeo (sic!), mentre è chiaro ed evidente che l’amico di Vissani e Benigni (un po’ meno di Prodi…) non è mai stato comunista…

Quello che noi uomini comuni non riusciamo più a sopportare, caro Massobrio, è questa immensa, saporosa, mediatica menzogna che tutto prevade e che annichilisce il popolo di cui facciamo parte. E che rende persino la nostra grande cucina ed i nostri immensi vini strumenti di potere e non occasioni per dare gustoso senso alla nostra vita, lodandone il Creatore. Diciamo questo ben sapendo che anche Massobrio sarà al nostro fianco nella lotta di resistenza che già abbiamo cominciato. Ma allora, perché distrarsi inneggiando ai giullari?

G.K.C., Milano È il sonno della ragione, caro amico chestertoniano, che partorisce giocondi regimi e, come purtroppo vediamo radicarsi in questi giorni, la malapianta delle guerre. Dice bene: Massobrio non fu soltanto uno dei primi della gang di Tempi, ma è al nostro fianco nell’eroica lotta di liberazione dall’omologazione. Dunque, in nome della causa comune, sopporteremo anche qualche sua enogastronomica distrazione.


Caro direttore, sono un’abbonata della prima ora, ho iniziato a leggere Tempi dal n. 0. Inutile dire che condivido l’impostazione del giornale anche se qualche articolo (di cui conoscevo per esperienza personale l’argomento) mi ha lasciata perplessa e amareggiata per la superficialità… acqua passata, perciò auguri e avanti tutta! Scrivo per questo: in questi giorni mi è ricapitata in mano la videocassetta che “Il Sabato” aveva realizzato insieme con Angela Buttiglione “1992. Un anno di storia” e mi ha fatto un immenso piacere rivedere gli avvenimenti e, soprattutto, rivederli alla luce del “poi”.

Ho pensato a Voi… riprendere l’iniziativa per il 1998 o almeno il 1999 è molto difficile?

Ancora auguri e salutissimi a tutti.

Lilia Rizzini, Buccinasco È molto difficile. Altri Tempi. Grazie dell’affetto, nonostante qualche nostra possibile, probabile, rimediabile ci auguriamo, affettazione.


Caro Direttore, a quanto pare con i nomi non ci azzeccate proprio. Così, dopo il signor Padulo, sono costretta anch’io a tirarvi le orecchie. E questo perché, Le assicuro, Marzia Pettinella letterariamente mi chiamo, non Marta Pettenella, come si è letto su Tempi, la scorsa settimana, in calce alla mia lettera a Flannery O’ Connor.

Marzia Pettinella, Milano Un corruttor di bozze mutò vocali e consonanti, poiché credeva di saperne una più di Bertoldo. Ce ne dispiace per la letteraria Marzia e ancor di più per la letterata Marta.

A voi, care fanciulle, verremo con fiori a impetrar perdono. Il corruttor di bozze giacerà incatenato a un immaginario ciclostile.

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