
Gli amanti passeggeri, la Spagna di Almodóvar gira a vuoto (come il suo film)
Pedro Almodóvar è tornato alle origini. Dopo lo struggimento de Gli abbracci spezzati (2009) e il tormento paranoide de La pelle che abito (2011) il regista spagnolo fa un passo indietro e torna alla leggerezza. E al sesso, la sua metafora preferita per parlare della Spagna d’oggi, una nazione sull’orlo di una crisi di nervi. Mette tutti i suoi attori preferiti su un aereo diretto a Città del Messico che ha un’improvvisa avaria. La classe turistica viene drogata ma i passeggeri in business si accorgono che c’è qualcosa che non va. Per far sì che non si scateni il panico, l’equipaggio ricorre a un cocktail che toglierà qualsiasi freno inibitorio.
IN VOLO PEREPETUO. Che oggetto strano questo film. Potrebbe sembrare un ritorno alle origini, fatto di pailettes, amori un po’ etero, un po’ omo ma in fondo bisex e invece Gli amanti passeggeri, in uscita il 21 marzo, è tutt’altro. Un ufo che si muove circolarmente come l’aereo della compagnia Peninsula, che gira in tondo alla ricerca di un aeroporto su cui atterrare. Lo spunto di partenza, favorito da titoli di testa di rara bellezza, è divertente e a scatenarlo sono due attori cari alla cinematografia almodovariana, Penélope Cruz e Antonio Banderas, insieme per la prima volta. Sono loro che danno il bizzarro avvio a una storia che si svolge nella claustrofobia della business class che racchiude un universo-mondo spagnolo specchio dei tempi di oggi. C’è il finanziere truffatore, la diva dimenticata che si concede a uomini potenti ed è convinta di averli in pugno, la coppia di ragazzi strafatti e appena sposati, la sensitiva vergine che spera in un colpo grosso messicano, un artista sciupafemmine e un riservato e taciturno passeggero un po’ in disparte. Assieme a loro tre stewart omosessuali che cercano di intrattenere i loro ospiti mentre nella cabina di pilotaggio si cerca, senza troppa convinzione, una soluzione. Fin qui tutto bene, le macchiette funzionano, si ride di pancia e i riferimenti alla realtà sono tanto evidenti quanto ridondanti. Ma a un certo punto il giocattolo si rompe.
DELUSIONE ALMODOVAR. La trama scivola via senza intensità, consumandosi dentro un’orgia di accoppiamenti prolungati e promiscui che vorrebbe rimandare alla società spagnola ma che finisce per ripetersi all’infinito e a stancare persino il più smaliziato spettatore. Almodóvar ci sta chiaramente dicendo che dopo il cinema d’autore ha voglia di prendersi una pausa, di fare commedia pura, caciarona, esagerata, fisica, sboccata, esplicita, dove il sesso e la morte s’incrociano e si annullano a vicenda e sembrano l’unico antidoto alla crisi, che si sta portando via tutto, sentimenti, famiglia, soldi, ricchezza, fama. Ma gira in tondo proprio come il suo aereo, rimanendo costantemente in una zona morta. E persino i momenti più goderecci s’infrangono subito nella noia di una storia che è destinata a non decollare e a rimanere ingabbiata negli stereotipi in cui il regista stesso l’ha costretta.
Vale il prezzo del biglietto? No
Chi lo amerà? Difficile dirlo
A chi non piacerà? A chi si aspettava l’Almodóvar scintillante degli anni 80 e ne ha trovato solo una pallidissima copia
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!