
Gli Annales di Mieli. E come ti Tacito i ragazzi del coro
Ssssttt, tutti zitti! Puntuale come il chirurgico bombardamento occidentale su Belgrado, giovedì 25 marzo è arrivato un altro bombardamento sulle pagine dei giornali italiani: l’uscita del libro di Paolo Mieli. In perfetto sincronismo, Repubblica Corriere, Stampa e Messaggero hanno dedicato le loro pagine al libro evento di uno dei giornalisti più gloriosi d’Italia. Noi due ci siamo stropicciati gli occhi, ci siamo chiesti se si trattasse di un libro (di un semplice libro che raccoglie articoli già pubblicati) di un pur famoso giornalista o invece di un’Enciclica. Il dubbio permane. Senonché Il Messaggero ha commesso nel titolo un’involontaria gaffe: “Democrazia italiana? C’è rischio di regime”. Regime? Ci siamo guardati negli occhi, risfogliando i quattro maggiori quotidiani italiani tutti uguali come quattro piccole Pravde. Regime no, ma regimetto di sicuro sì, ci siamo detti. Sia chiaro, nessuno contesta l’intelligenza sottile di Mieli, la sua prospettiva antischematica. Oltretutto quel che di questo libro ci è capitato di leggere sui giornali stuoina, ci ha anche destato interesse e curiosità. Analisi taglienti, parallelismi che dimostrano un’altezza di sguardo sul presente. Ma a volte viene nostalgia di una storia (il libro s’intitola “Le storie, la storia”, per i pochi che ancora non ne fossero al corrente) che possa correre libera, senza troppe regie. Un libro esce? Bene, se ne parli senza troppe cerimonie, se ne discuta, lo si elogi o lo si stronchi. Questi coretti invece non fanno bene a nessuno (neppure al libro in questione, ci giuriamo).
Perciò noi due ci siamo messi attorno a un tavolo e abbiamo fatto un sogno fantagiornalistico. È giovedì 25 marzo 1999. Giorno dell’Annunciazione. La Stampa, giustamente, apre le pagine culturali annunciando il volume degli articoli scritti negli ultimi anni dal suo ex direttore. Al Corriere invece hanno avuto una buona idea: 2.000 anni fa, proprio in questo giorno, iniziava la storia dell’Incarnazione. Il cardinal Ratzinger e Guido Ceronetti hanno accettato un testa a testa sul significato di quel fatto. La Repubblica invece ha fatto la scelta aggressiva di far cultura sull’attualità: Nicola Tranfaglia racconta la storia dei Balcani come miccia del mondo (con belle foto e belle dida). Infine sul Messaggero abbiamo letto uno straordinario parallelismo antropologico tra Pier Paolo Pasolini e Francesco Totti: opera di un giovane ricercatore della Sapienza. Così sarebbe andata se l’Italia avesse dei giornali normali.
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