Golosaria, dove ogni storia è un imprevisto

Di Fabio Cavallari
06 Novembre 2022
Una giornata nella fiera del cibo e del vino che non è solo una fiera, ma una continua scoperta di persone, incontri, vite "vive"

C’è un segreto in Golosaria. Mentre nel parlo si sta ancora svolgendo (5-7 novembre al MiCo) ma mi è bastata la giornata d’apertura, per percepire quell’intuizione che Paolo Massobrio, sua moglie Silvana e Marco Gatti hanno avuto 17 anni fa.

Si fa presto a parlare di fiera del cibo e del vino, di una kermesse che oramai attrae ospiti noti al grande pubblico, Istituzioni e importanti produttori. Si fa presto e ci si sbaglia. Serve un surplus di pensiero per raccontare i duecento produttori, le cento cantine, i buoni prodotti della terra che dal Friuli alla Sicilia, transitano la Penisola per giungere a Milano.

C’è da raccontare questa capacità di Paolo Massobrio di andare a scovare singoli produttori, storie che rimarrebbero confinate nel breve tratto geografico di appartenenza, se non potessero avere un palco che innanzitutto li mette in relazione, costruisce ponti tra gli uni e gli altri.

L’importanta della distinzione

In un’altra epoca si direbbe, che costruiscono comunità allargate, assieme ai tanti visitatori che, spinti dalla medesima tensione emotiva, ne fanno visita, s’intrattengono, vogliono capire, diventare parte in causa. E così se lo scorso anno, alla ripresa, dopo due anni di Covid, il tema della tre giorni era la “colleganza”, termine mutuato dalla psicoanalisi che stava ad indicare la comunione sui principi ed i valori che definiscono l’identità dei diversi produttori, quest’anno il tema appariva quasi distonico, in contraddizione: la distinzione.

Ed invece Massobrio sa cogliere bene l’importanza delle parole, quando esse si fanno carne, corpo pulsante e non vaniloquio intellettuale. Perché, in verità, è proprio la distinzione che permette la colleganza. È proprio la singolarità irriducibile di ogni soggetto a permettere una colleganza d’intenti e di prospettiva. È solo la distinzione che consente di riconoscersi identitariamente in un rapporto di alterità con l’altro, che per natura è diverso da me, nella struttura, nella fisionomia, persino nella lingua. Ma l’Uno incontra l’Altro, solo nella distinzione, solo elevando la propria singolarità oltre il vezzo narciso dell’io.

Bellezza dei sorrisi

Etimologicamente la parola indica “segnare con punti”, ossia incentivare e coltivare la capacità che sta a fondamento dell’intelligenza e dei sensi. E si rischia davvero di perderli i sensi, camminando tra gli stand dei formaggi, dei salumi, delle confetture e quello dei vini.

Ogni produttore è una storia, una narrazione, una scoperta o un imprevisto che Massobrio ha scovato nel corso degli anni, girando l’Italia, nei suoi anfratti più nascosti. C’è un’eccellenza che esalata l’intera manifestazione e risiede nella bellezza dei sorrisi capaci di travolgere anche il visitatore più distratto. Golosaria, è una storia che sorge da terre arcigne e fiere, da una genesi che ha nel concetto di comunità, il suo primato d’avanguardia.

I bambini con Mamma Oca

E potete girare in lungo ed in largo ma non troverete in alcun altro posto pensato per onorare l’enogastronomia, un luogo dedicato ai bambini, non come un parcheggio che consente ai genitori di girare senza il fardello della prole, ma come uno spazio di crescita, di iniziazione alla lettura, allo straordinario potere che conservano, nonostante tutti i moderni strumenti interattivi, le parole di una fiaba “integrale”.

Mamma Oca, Annalena Valenti, e le sue collaboratrici attraverso racconti poetici, non stravolti o edulcorati dalla nouvelle cultura di massa, offrono un’opportunità unica attraverso l’uso del linguaggio, che è in grado di traslare l’ascolto attraverso l’elemento simbolico, a tutto ciò che riguarda il mondo e il suo mistero. La vita. Grazie a Golosaria.

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