
Google dà una mano (e un bel gruzzolo di euro) ai giornali belgi online
Google ha trovato un accordo con gli editori belgi per mettere fine alle battaglie in tribunale cominciate sei anni fa con Copiepresse (dove il motore di ricerca era stato condannato in primo grado), a seguito dell’accusa di violazione del diritto d’autore da parte dell’associazione che difende gli interessi degli editori belgi in lingua francese. Alla stipula del patto si sono aggiunte le associazioni degli autori, giornalisti e non, Saj e Assucopie.
BASTA SCONTRI. L’accordo, come spiega il comunicato finale, prevede l’impegno del colosso di Mountain View per aiutare, anche economicamente, i tre grandi gruppi Rossel (Le Soir, L’Echo/De Tijd), La Libre Belgique e L’Avenir a sviluppare le rispettive piattaforme online, per pc ma anche su smartphone e tablet, e per offrire loro consulenza sull’integrazione con i social. Lo scopo è quello di attrarre nuovi utenti e aumentare il fatturato dei siti. A seguito del patto, se vorranno, gli editori potranno entrare in Google News, dal quale avevano deciso sei anni fa di stare fuori, anche se oggi, con i concorrenti che si fanno indicizzare su Google News, starne fuori è controproducente. Google, in cambio, potrà pubblicizzare i suoi prodotti sui media degli editori. Detto altrimenti: Google vuole investire in pubblicità sui gruppi che nel 2006 lo denunciarono. E gli editori sono pronti a collaborare. Secondo Le Monde Google è pronta a sborsare 5 milioni di euro minimo per l’operazione.
UN MODELLO PER L’ITALIA. «Questo accordo potrebbe essere un punto di partenza anche per gli editori degli altri paesi, dall’Italia alla Germania e Francia», spiega Andrea Secchi su ItaliaOggi. Anche se Francois Le Hodey, rappresentante degli editori e amministratore delegato di Ipm Group, che edita La Libre Belgique puntualizza: «La nostra situazione è veramente diversa da quella italiana: noi abbiamo denunciato Google nel 2006, alla partenza del servizio Google News e da allora non ci siamo entrati». Le Hodey poi ha precisato: «Sia chiaro che Google non ci paga per i nostri contenuti», «siamo passati dalla contesa legale alla collaborazione». «Continuiamo a credere che i nostri servizi rispettino il diritto d’autore dei giornali – ha spiegato invece Thierry Geerts, managing director di Google per il Belgio – ed è importante sottolineare che non stiamo pagando gli editori belgi o gli autori per includere i loro contenuti nei nostri servizi».
FIERI DI NON PAGARE LE TASSE. E’ ancora senza soluzione, invece, la diatriba che vede fronteggiarsi i governi di mezza Europa e Google sulla questione del pagamento delle tasse. Secondo una commissione del parlamento inglese Google, come tante altre multinazionali americane, non pagano le tasse dovute, sfruttando stratagemmi e sedi operative in Irlanda e/o Olanda. «Siamo orgogliosi di non pagare le tasse», è stata la risposta di Eric Schmidt, presidente e amministratore delegato di Google, che si è detto fiero di versare al fisco britannico solo 6 milioni di sterline a fronte di oltre 2,5 miliardi di ricavi.
Una commissione ad hoc è stata istituita anche in Francia, Germania (dove si sta studiando una tassa anti Google) e in Spagna, dove il tema è in agenda
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