Gotham? No, Milano. Il sindaco della città fantasma fa la star coi rapper

Beppe Sala trova il tempo per apparire in un video dei Club Dogo. Va tutto bene (a parte la dizione da marmotta di gomma), ma ai suoi concittadini chi ci pensa?

“Fa che sia deep fake… o che sia Crozza!”, mi sono trovato a invocare l’intelligenza artificiale davanti allo schermo del telefono, ma poi quella voce da marmotta di gomma (con fischietto incorporato) ha fugato ogni speranza: quello era davvero il sindaco della mia città, Beppe Sala, l’unico attore che riesca a far rimpiangere la dizione della segreteria telefonica.

Bellissimo teatrino, un mini-clip realizzato per lanciare l’album di ritorno del gruppo rap meneghino “Club Dogo”, tre ragazzi (ora non più) che hanno fatto saltare gli stereo di tutte le macchine fregate ai genitori dai diciottenni milanesi, nei primi anni 2000.

Scenografia e fotografia intriganti: Porta Nuova di notte, il nido di Unipol che lampeggia, la torre UniCredit nella nebbia, tutta roba progettata e resa possibile proprio dal sindaco… di un’altra giunta e di qualche decennio fa. Poi arriva lui, con quel suo dolce collo palmato e lucente, quel nasone da annusatore di millesimati, e tutta la scena si fa, d’improvviso, kafkiana.

Le sirene là sotto

«Lo sente il suono che proviene da là sotto?», gli chiede l’attore Claudio Santamaria, riferendosi alle sirene che salgono dalla strada fino al tetto del grattacielo: «Anche lei ha smesso di sentirlo… si è impossessato delle nostre orecchie…». Beppone lo guarda con l’aria di un daltonico che sta scegliendo la tappezzeria del salotto, e non risponde (e quando mai?).

L’ironia è l’inizio della liberazione, ma un pagliaccio che non sa di esserlo è un pericolo pubblico. Abbiamo superato i populismi dei comici che volevano fare i politici, chissà cosa ci toccherà adesso che i politici vogliono fare Hollywood e diventano le parodie di sé stessi.

Il problema non è la scenetta, è che la realtà va davvero a rotoli: davvero il signor Sala non sente più le sirene, ma quando suonano a Milano è perché a qualcuno hanno rubato la casa, o per una rapina o un omicidio. Sì perché Milano è davvero la città più pericolosa d’Italia, anche per l’Istat.

Piazze tattiche

Ma che importa? Pensiamo al rap. Che è poi sempre stato il genere musicale delle rapine, delle case diroccate, dei crimini. Forse è per questo che il sindaco ha deciso di aumentarne la presenza in tutta la città, per dare più ispirazione ai rapper! Forse è per questo che ha riempito di soldi l’assessorato di Maran per sconfiggere il crimine con un’arma-giocattolo: la piazza tattica.

Avete presente le aree pedonabili gialle e blu sparse per la città? Proprio loro. Poco oltre il parco delle cave, piena Milano, c’è via Quarti, un quartiere in mano alla criminalità rom, dove gli inquilini vengono sfrattati di casa appena se ne allontanano, dove trenta, quaranta appartamenti si allacciano ai contatori degli unici con un’utenza attiva, dove Metropolitane Milanesi non fa manutenzione da anni e gli anziani dei piani più alti sono rimasti senza spesa per mesi, durante il Covid, a causa di ascensori guasti e mai riparati. Pioggia e piscio su tutte le scale e pistole, motorini, siringhe e materassi nelle soffitte. Dopo anni di lamentele ed esposti, cosa ha fatto la Maria Antonietta di Palazzo Marino? “Beppe, Beppe, il popolo ha paura!”. “Fategli una piazza tattica!”.

E così, in mezzo a via Quarti, c’è ora uno sgorbio giallo e blu su cui, un giorno dopo la realizzazione, ci hanno bruciato un’automobile.

In rapper veritas

Adesso che si sono mobilitati gli influencer, ora sì che si fa sul serio. Adesso Sala ha ammesso che il problema c’è. Adesso si cambia registro. Infatti, in due giorni sono stato fermato due volte dalla Polizia, ho preso tre multe e mi hanno sequestrato la macchina. Tutto questo perché sui server della Stradale la mia targa risultava avere l’assicurazione scaduta, e non c’è stato niente da fare. A niente è valso mostrare un certificato assicurativo regolare, le note di pagamento, la dichiarazione ufficiale dell’assicurazione. Quando il server dice “scaduto” quella è la verità e basta.

Sono tornato a casa sul carro attrezzi. Dai rapper bisogna imparare anche a pregare, come dice Marracash: «Oh algoritmo che sei nei server» salvami dalla multa e “manda il mio video nelle tendenze”, titolo della canzone: Quelli che non pensano. In rapper veritas.

Il registro è cambiato: da qualche giorno abbiamo poliziotti determinatissimi a sventare il crimine da questa città alla deriva, obiettivo primario: il piccolo proletariato con macchine a diesel euro-basso, possibilmente padre di famiglia. Perché non c’è niente di peggio di chi inquina. Poi mentre passavo di fianco alla Stazione Garibaldi ieri pomeriggio, ore 16:45, ho visto partire una scazzottata tra un ragazzetto su di giri e un signorotto un po’ sbruffone. Ma oh, suvvia, queste cose ci sono sempre state, è normale.

Ma ci rifaremo

Quel che non è normale, e che non c’è più, è un po’ di sana, democratica, simpatica manifestazione. Ma non per protestare, più per dire che c’è una città reale con esigenze completamente opposte a quello che s’immagina il sindaco. Ci facciamo sbeffeggiare dal Beppe della Ztl e tutti a battere le mani, senza sapere se ridere o piangere. A condividere su whatsapp i suoi calzini arcobaleno, come foche monache indignate, e nessuno che si alzi dal divano per dire che ci sono famiglie con monovolumi diesel, che non riescono a sostituire perché l’unico incentivo erogato dal Comune è del 30 per cento se compri un’auto elettrica nuova, ma devi avere un Isee inferiore ai 20.000 euro; che non possono più muoversi perché per poter circolare hanno dovuto montare il Move-In e possono fare solo 1.600 chilometri all’anno nella città dove abitano; che devono abbandonare Milano perché le uniche case acquistabili sono “ampi bilocali” e dunque occhio a fare un figlio; che stanno fermi per ore, in coda, in mezzo a ciclabili tracciate da una mano epilettica; che se non possono andare al mare devono dimenticare anche i parchi, rimasti chiusi tutta estate “causa nubifragio” (ma davvero esiste qualcuno che rimane a Milano d’estate? O mon dieu!); che se non hanno uno stuolo di tate montessoriane, possono anche scordarsi l’asilo, visto che entrare nella graduatoria di un nido comunale è più cool che entrare nel privé coi Club Dogo.

Ma ci rifaremo, basta guardare la vitalità di certi oratori come ce ne sono nei quartieri di Precotto o Dergano, con le scuole paritarie pubbliche che vi sono nate come la Mandelli e l’asilo Rodari; o la rete dei Banchi di Solidarietà della zona 2 e l’amicizia con la comunità islamica di via Padova; o le opere come Vantaggio, raccontata da Damiano su queste pagine; e tante altre perle nascoste che fanno la vera inclusione, il vero “dentro tutti”, il vero popolo di questa città. Ma per vederle c’è bisogno di guardare con speranza anche questa Gotham preda di un abbronzatissimo Joker.

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