
«Il governo non dice ancora come riprendere la scuola in presenza: sconcertante»

I risultati disastrosi dei test Invalsi «si portano via ogni narrazione consolatoria sulla “tenuta della scuola” durante la pandemia, sull’efficacia della Dad e sulle scorciatoie inventate per non prendere atto della perdita di apprendimenti maturati in questi due anni di scuola a singhiozzo: tutti promossi e esami facili, senza preoccuparsi». Lo scrive oggi in un editoriale sulla Stampa Chiara Saraceno.
Il disastro certificato dai test Invalsi
Oltre al tema della dispersione scolastica, i test Invalsi hanno evidenziato quello della «dispersione implicita, fatta da chi continua a rimanere a scuola, ma apprende poco o nulla ed entrerà nella vita adulta e nel mercato del lavoro poco o pochissimo attrezzato», continua Saraceno. La Dad ha ampliato anche le disuguaglianze, penalizzando soprattutto il Sud, complicando i problemi già gravi della scuola italiana.
La pandemia ha inoltre svelato un nervo scoperto del sistema italiano:
«Lo scandalo delle chiusure più lunghe d’Europa senza che nel frattempo si sia fatto nulla per rendere le scuole, e la frequenza scolastica, più sicure e più favorevoli agli apprendimenti, testimonia di questa ormai strutturale marginalità degli interessi degli studenti nell’agenda politica (ed anche sindacale)».
Il governo non decide sulla scuola
A fronte del «vero e proprio disastro antropologico» di cui troppi alunni sono vittime, prosegue Saraceno, «desta preoccupazione che nulla sia pensato e programmato per contrastarlo in modo sistematico. Così come sconcerta, per usare un eufemismo, che a metà luglio si sia ancora incerti su se e come riprenderà la scuola in presenza a settembre e con quale organico».
Conclude quindi il suo editoriale sulla Stampa, notando che adesso è già partita la campagna per incolpare i giovani di non essere vaccinati: «Stiamo riducendo le possibilità di crescita e maturazione di una fetta importante delle giovani generazioni con decisioni sconsiderate e miopi ed abbiamo persino l’impudenza di dire che è colpa loro».
Foto Ansa
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