GRANDE FARDELLO

Di Caterina Giojelli
15 Aprile 2004
Navetta Precotto-Bicocca, navetta stracolma

Navetta Precotto-Bicocca, navetta stracolma, e se non fosse per quell’esame sui funghetti allucinogeni di Casteneda (a Sociologia “storia dei processi culturali”) col piffero che sarei incastrata tra le porte, il cappuccio della felpa all’esterno e tutto il resto dentro. Nella pollockiana posizione giuro di dimostrare agli ultrà dell’ecologiache se il gas della mia auto non ha accresciuto il tasso di inquinamento, i rischi di asfissia per soffocamento da cappuccio di felpa sono in notevole rialzo. Ed ecco, tutta la realtà si fa incontro. Dapprima è solo la biondina tutta frangia e minigonna che si spenzola dalle maniglie per reggersi in piedi: «Ma dai, quella (bip) di Katia stia ancora là dentro! Ma dico, ma l’hai vista? Ma è un…». Penso al cesso di casa mia e trovo che Katia assomigli tremendamente di più a colei che la sta citando. Comunque il “Grande Fratello” sono quattro anni che ci scassa con le sue minigonne, per cui quest’anno sono preparatissima e posso farmi una padella di cacchi degli altri. Se non che, un’oblunga moretta alla mia sinistra ulula: «Ma non ci credo: Giò, proprio la Giò è uscita». Sta parlando della ballerina di “Amici” e vorrei dire alla mia vicina – che del resto è la sua fotocopia – tutta la mia comprensione, quando i due lercioni in braccio a me cominciano a litigare sulla cadenza del tormentone «bella cumpa, ci stai troppo dddentro!». Nucleo e Capsula di “Zelig” naturalmente… in realtà comincio a preoccuparmi del mio grado d’informazione circa il popolo televisivo e dei riflessi che esso produce sui suoi cloni-spettatori. Già perché si è mai visto un punkabbestia parlare della Carrà? E io, sembro una che guarda Biscardi? Bisognerà cominciare visti gli effetti del resto televisivo (e senza funghetti allucinogeni).

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