Il cortocircuito progressista sportivo genera mostri

Brittney Griner, cestista arrestata in Russia per droga (e già condannata in Usa per violenza domestica) è "Arizoniana dell'anno". La doppia morale sui campioni nella narrazione dei giornali woke (vedi Maradona e Pelé)

L’omaggio sul maxischermo dei Chicago Bulls per il ritorno in America di Brittney Griner (foto Ansa)

Dove stanno andando gli Stati Uniti? Verso una brutta fine, e quel che è peggio è che lo stanno facendo consapevolmente, per debolezza e pusillanimità, contagiando anche il resto del mondo. Ultimo di tanti esempi, la scelta di Brittney Griner, la giocatrice di basket da poco tornata in patria nello scambio di carcerati con la Russia, come Arizoniana dell’anno, scelta effettuata da parte del maggior quotidiano statale, il Republic.

Griner, condannata per violenze e arrestata per droga

Certo, la motivazione dice che Griner è stata la persona di cui si è parlato di più nel 2022, il che non è necessariamente un elogio, ma il punto è un altro, guardando varie lune e non alcune dita: Griner era stata arrestata per il tentativo di portare in Russia, dove dal 2014 è sotto contratto con l’UMM Ekaterinburg, sua squadra “invernale”, alcuni grammi di hashish in forma oleosa, contenuti in cartucce per sigarette elettroniche, ed era già nello status che in Italia verrebbe definito di pregiudicata in quanto condannata in patria, nel 2015, per violenza domestica ai danni della consorte Glory Johnson, da cui aveva poi divorziato, non senza prima aver avuto una coppia di gemelli. Griner è lesbica, il che la innalza automaticamente nelle graduatorie artificiali di gradimento mediatico.

E ricordate quando lo scorso anno (ne abbiamo parlato qui) la rivista Time elesse Simone Biles ad Atleta dell’anno? La Biles, ginnasta straordinaria e figura di riferimento anche per la reazione alle orride molestie subite dall’ex medico della Nazionale, si era ritirata da alcuni eventi delle Olimpiadi perché non si sentiva pronta e sicura di sé, e Time l’aveva premiata… proprio per questo. Nulla di male ma un ribaltamento drammatico della tradizionale mentalità americana di tenacia e di lotta alle avversità che ha di fatto portato alla costruzione della nazione stessa, pur tra violenze e soprusi ai danni delle popolazioni native.

La doppia morale quando si parla di sport

La doppia morale del resto è di utilizzo quotidiano: nel post-Mondiali, la figura di Diego Maradona è stata esaltata, nel parallelo con Lionel Messi, a prescindere dalle sue debolezze umane, mentre chi ha offeso la memoria di Pelé, purtroppo anche tra giornalisti, lo ha fatto proprio tirando fuori la vita privata. Ecco allora che nella sua offensiva politicamente corretta, woke come se non ci fosse un domani, la minoranza accademica e giornalistica intransigente che quotidianamente attacca l’Occidente nel nome di non ben chiari sensi di colpa se ne frega di precedenti penali o comportamenti eticamente poco edificanti, sui quali crocifiggerebbe invece avversari politici, e spinge a tutto spiano personaggi che la cautela imporrebbe di ignorare.

La salvezza di chi vuole l’uguaglianza – sacrosanta – ma non la prevaricazione delle minoranze passa per il rifiuto di queste forzature e imposizioni. Rifiuto che può anche diventare una risata di fronte a certe assurdità, se non fosse che il tutto è maledettamente serio.

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