
La preghiera del mattino
Dopo l’Ucraina, si attendono dall’Europa idee un po’ più centrate del mantra green

Su Fanpage Ida Artiaco scrive: «È terminato il terzo round di colloqui negoziali tra le delegazioni russa e ucraina che si è svolto oggi sempre al confine con la Bielorussia. I dettagli dell’incontro non sono ancora stati resi noti ma uno dei negoziatori ucraino, Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente Zelensky, su Twitter ha condiviso un video con il quale ha fornito i primissimi aggiornamenti: “Il terzo round di colloqui è terminato. Ci sono piccoli sviluppi positivi nel miglioramento della logistica dei corridoi umanitari”, ha scritto, aggiungendo che “continueranno le intense consultazioni sulla cessazione delle ostilità. Finora non ci sono risultati che migliorino significativamente la situazione”».
Mentre continuano i tragici combattimenti intorno alle città ucraine, non cessano le trattative tra Mosca e Kiev. Senza dimenticare chi è l’aggressore e chi è l’aggredito, è bene auspicare e aiutare questo dialogo.
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Su Open si scrive: «La prossima riunione del Consiglio Ue dovrebbe tenersi tra giovedì e venerdì, a Versailles, appena fuori Parigi. Una riunione informale in cui verrà discusso un nuovo pacchetto di sanzioni verso la Russia. Per adesso il grande assente è il settore energetico. Secondo uno studio pubblicato dal New York Times, i paesi dell’Unione Europea negli ultimi 30 anni hanno preso dalla Russia il 40 per cento del gas naturale utilizzato e per il 25 per cento del petrolio. Introdurre delle sanzioni su questi due beni vorrebbe dire colpire un’entrata cruciale per la Russia ma anche condannarsi a conseguenze dannose per le economie dei paesi europei con rincari ancora più alti di quelli visti fino ad ora e difficoltà di approvvigionamento delle risorse. Un passo che in pochi sembrano intenzionati a fare, a giudicare dalle dichiarazioni che stanno arrivando dai leader europei».
Emergono alcune tensioni tra americani ed europei sulle prossime sanzioni a Mosca: l’atteggiamento di Washington in qualche caso non apparirebbe perfettamente realistico nel considerare i problemi del Vecchio Continente. Naturalmente la guerra crea una situazione di eccezione e scelte dolorose sono inevitabili: sarebbe bene che fossero assunte con la consapevolezza strategica di dove si vuole arrivare.
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Su Formiche Armando Sanguini, ambasciatore e consigliere scientifico dell’Ispi, scrive sulle sanzioni: «È vero, potrebbero far traballare questo ultraventennale padrone della Russia, ma non è affatto garantito che una sua dipartita non ci faccia cadere dalla padella alla brace».
Il ricordo di quando l’Occidente ebbe mano libera nella Russia di Boris Eltsin non è uno dei ricordi preferiti della popolazione che occupa un paese che confina sia con la Polonia sia con la Cina.
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Sul Sussidiario Leonardo Tirabassi scrive: «Questa guerra forse è più pericolosa di ogni altra crisi avvenuta durante la Guerra fredda, perché a quel tempo la logica della guerra e della pace era chiara e condivisa, mentre adesso le regole del gioco sono confuse e non concertate. E tutto può avvenire. Cinismo e razionalità, volontà di potenza e identità, interessi e aspettative. Nessuno però che metta in conto la necessità di arrivare ad un negoziato».
La mancanza di un vero equilibrio internazionale, di quegli accordi che nascevano dai trattati tipo quello di Westafalia, dai congressi di Vienna o dalle conferenze di Yalta, espone il mondo a gravi rischi che vanno attentamente valutati.
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Su Strisciarossa Marina Mastroluca scrive: «Sulla guerra in Ucraina si allunga l’incubo delle armi nucleari. Non quelle strategiche, che significano la reciproca distruzione totale, ma quelle tattiche, che possono essere comunque l’inizio di una pericolosissima escalation. Il solo fatto che se ne parli è il segno di un tabù che è stato infranto. Le minacce di Putin all’Occidente di una reazione “che non avete mai visto prima nella vostra storia” nell’eventualità di un intervento a favore dell’Ucraina e di lì a poco la messa in stato di allerta delle forze nucleari russe hanno fatto rizzare i capelli in testa a qualunque persona di buon senso e sollevato milioni di interrogativi».
Su un sito di ex comunisti legati ancora al proprio passato, non è raro veder emergere i segni di quella che nonostante tutto era una cultura assai realistica, consapevole dei rischi e dei pericoli che si annidano anche nei conflitti locali.
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Su Affaritaliani si riporta questa frase di Sergio Cofferati: «Prendere parte è necessario. Non può esserci equidistanza e neutralità, perché in campo in questa guerra si fronteggiano l’aggressore Putin e gli aggrediti, il popolo ucraino. E la pace si difende anche inviando armi agli ucraini».
È realistica questa presa di posizione di Cofferati che spiega come di fronte all’aggressione russa all’Ucraina non si può essere equidistanti, e che se cercare una via di uscita diplomatica è sacrosanto, armare gli aggrediti è moralmente inevitabile: se poi Cofferati non avesse contribuito decisamente a far finire la Cgil nelle mani di un leader così inadeguato come Maurizio Landini, sarebbe stato meglio.
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Su Formiche Riccardo Sessa scrive: «Si dovrebbe ipotizzare un W+ (con la W come war-guerra) che comprenda per esempio almeno Stati Uniti, Cina, Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Unione Europea e con l’appoggio esterno di altri come Arabia Saudita, Giappone, India, Israele, Turchia e altri. Sembra fantascienza, e forse lo è, ma la soluzione del conflitto in corso non si consegue con la vittoria delle armi, ma, dobbiamo avere l’onestà di riconoscerlo, attraverso la realizzazione di un grande e coraggioso disegno transatlantico e paneuropeo di sicurezza».
Ecco una presa di posizione che lo storico della Prima Guerra mondiale Christopher Clark definirebbe da “sonnambuli”, tipica di coloro che non sapendo valutare realisticamente gli scenari internazionali, portarono il mondo nel baratro.
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Su Dagospia si riporta questa notizia da Bloomberg: «La Cina ha messo in guardia gli Stati Uniti dal cercare di costruire quella che ha chiamato una versione pacifica della Nato, dichiarando che le controversie sulla sicurezza su Taiwan e Ucraina “non sono affatto paragonabili”».
La disponibilità a non morire per Taiwan è il prezzo che Pechino chiede all’Occidente solo per sedersi a un tavolo di accordi. Ne siano consapevoli i sonnambuli.
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Su Dagospia si riporta un articolo di Carlo Pizzuti sul sito di repubblica.it in cui si scrive: «Lo shock per l’Occidente è arrivato quando l’India si è astenuta dal condannare l’invasione russa al Consiglio di sicurezza dell’Onu e si è di nuovo astenuta, con altri 13 paesi del Sud globale, dal condannare la guerra presso il Consiglio dei diritti umani. Il dipartimento di Stato americano si è lasciato scappare “per errore” un dispaccio diplomatico molto critico, subito ritirato, ma reso pubblico: “Continuare ad astenersi per chiedere che ci sia il dialogo non è neutralità, vi mette nel campo della Russia, l’aggressore in questo conflitto”».
Ecco uno degli scenari reali di cui bisogna tener conto per non tenere una politica estera da “sonnambuli”.
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Su Dagospia dall’Ansa: «“Mentre il mondo sanziona la Russia per le sue barbare atrocità in Ucraina, alcuni preferiscono fare soldi intrisi di sangue ucraino. La compagnia aerea El Al sta accettando pagamenti usando il sistema bancario russo “Mir” progettato per eludere le sanzioni. Un fatto immorale e un duro colpo alle relazioni ucraino-israeliane”. Lo scrive su Twitter il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba».
Per quanto non sia in alcun modo giustificabile l’aggressione russa in Ucraina e dunque comprensibile la disperazione del ministro degli Esteri di Kiev, bisogna tener presente quanto la presenza russa in Siria, Egitto, Libia garantisca Gerusalemme da iniziative dei fondamentalisti islamici, variamente rappresentati ma che hanno il loro cuore e mente a Teheran. I sonnambuli dovrebbero annotare anche questo aspetto degli scenari globali.
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Su Huffington Post Italia Alberto Quadrio Curzio scrive: «Dopo questa crisi anche la diversificazione valutaria e dei portafogli finanziari aumenterà, se l’EuroMoneta non avrà un corrispondente EuroBond rimarrà una valuta forte solo a metà. La Ue e l’Eurozona sono adesso su un crinale che comporta anche la necessità di un allungamento del Next Generation Eu fino alla fine del decennio. Per poi riprogettare il decennio successivo. Un’Unione da quasi 500 milioni di abitanti e con 27 Stati membri deve avere orizzonti lunghi ai quali dimensionare gli investimenti e le riforme».
Dopo tanta retorica sull’Unione Europea che si evolve nei momenti di crisi, sarebbe utile fissare obiettivi concreti da raggiungere piuttosto che sperare in soluzioni automatiche dei gravi problemi che incombono di fronte al Vecchio Continente, concentrandosi su investimenti abbastanza ecologicamente compatibili e riarmo necessario, lasciando perdere magari, per un momento più tranquillo, questioni come la riforma del catasto.
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Su Atlantico quotidiano si riporta un intervento del parlamentare leghista Antonio Zennaro nel quale si dice: «Tuttavia, il contesto internazionale ed il “game changer” della guerra in Ucraina impongono un nuovo tipo di agenda, rendendo immediatamente “obsoleta” quella della sinistra internazionale, fatta di un globalismo stantio, rinvigorito negli ultimi anni dal mantra del green e della riconversione energetica. La stessa risposta economica che certi “opinionisti” o “economisti” vorrebbero dare alla Russia, come abbassare il termostato (Fubini del Corriere) per fermare Putin o boicottare i prodotti cinesi per far schierare la Cina (Tito Boeri), danno il senso dello smarrimento di una certa intellighenzia sinistra. Prima metteremo in soffitta i dogmi del Green New Deal o delle norme “anti-aiuti di Stato”, anche a livello europeo, e prima potremo definire una strategia per rispondere alle nuove sfide e minacce geopolitiche».
Un po’ di rozzezza ma anche qualche grano di concretezza di cui nella situazione da terza emergenza (dopo l’epidemia, il Pnrr, oggi la guerra in Ucraina) c’è sicuramente, almeno un po’, bisogno.
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