Ho un compito ma non è il mestiere che faccio. Mi rimetto per strada

Di Luigi Amicone
14 Maggio 2016
Comunque vada il prossimo 5 giugno, esca o non esca eletto in Consiglio comunale a Milano, è la mia ultima copertina di Tempi. Largo ai giovani

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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Era un giorno di fine agosto 1995. Meeting di Rimini. Presentavamo il primo numero di Tempi. Ti guardi indietro e pensi: è passato un attimo. Così è la vita, cari lettori, che saluto e abbraccio col pensiero uno a uno. Qualunque cosa accada il prossimo 5 giugno, esca o non esca eletto in Consiglio comunale a Milano, questa è la mia ultima copertina. Largo ai giovani. Presto arriverà un nuovo formidabile direttore. E nuovi investitori che faranno spiccare il volo a questa creatura artigiana che ha tenuto fede alla parola detta con tentativo di serietà. E sempre con libertà.

Nel caso non dispiacesse al mio successore, mi rivedrete ancora su queste pagine. Tempi è un figlio. In qualunque modo sarà possibile farlo, continuerò a sostenerlo e a collaborare. Intanto, però, libero la mia scrivania e mi rimetto per strada. Il viaggio continua perché, lo sapete, abbiamo un compito nella vita, ma non è il mestiere che facciamo. Bensì è l’ideale che serviamo. Vero, non c’è ideale in cui la menzogna non metta il naso. Siamo uomini. Perciò tristemente cadiamo. Ma grazie alla Misericordia che «ha preso dimora in mezzo a noi», risorgiamo. Sempre. E siccome la prima misericordia è l’amicizia, ecco, mi sono fatto regalare un ritratto da Marco Cirnigliaro, amico dall’infanzia e illustratore in capo del fantasmagorico Tempi di fine secolo scorso. Mi sono fatto accompagnare in teatro, al battesimo della campagna elettorale, da Maurizio Zottarelli, capocronista di Libero, mio ex alunno di liceo e per molti anni mio braccio destro a Tempi.

C’è altro da aggiungere? Sì. Che sono stato un direttore responsabile, ma anche un padre in affido. Senza la liberalità della mia famiglia non avrei potuto avere la libertà di fare quel poco che ho fatto in questo giornale. Grazie ad Annalena, Mamma Oca e moglie mandata da Cielo in terra a mostrare il miracolo della sopportazione di un marito insopportabile. Grazie ai miei figli, compagnia nell’invincibile compagnia del movimento giussaniano che mi ha dato la vita in tutti i sensi. Grazie a questi amici di avventura: Baffo, Samu, Marco, Lele, Picci, Rudolf, Cate, Luca, Betta, Benedetta, Leone, Davide, Maria Grazia, Dani, Matteo, Fred. Grazie a Lupi e grazie a Formigoni, noi non vi dimentichiamo, compagni. Grazie a Brivio e agli imprenditori che ci hanno sostenuto nella buona e nella cattiva sorte. E grazie al grande “protettor” Cesana. Grazie a tutti quelli che da Frank a Enzo, da Loredana a Chiara, da Delu a Viviana, da Serena alla Rizzo, da Toni alla Borse, da Scalpelli a Festa, dalla Corradi alla Mojana, da Renato a Tommaso, da Alfredo a Pier Giacomo e Maurizio, da padre Aldo a mio figlio Cianci, sono stati la nostra grande compagnia cantante. Grazie al “Villin” e grazie agli amici in Cielo: Laura, don Gianni, Accia, Walter, Alessandro, Elena… Grazie, direbbe il nostro maestro e autore Giuss, «così che, non so, fra 50 anni, fra 500 anni, ci abbiamo a ritrovare tutti nella consolazione che l’Essere porta a chi non Lo distoglie, nella affermazione del niente, dalla sua intensa partita».

@LuigiAmicone

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