
I magistrati indagano, i sindaci relativizzano. La Val Susa, i No Tav ed il nodo della violenza
La Procura di Torino ha annunciato oggi di aver chiuso le indagini a carico di 12 militanti No Tav per gli scontri con le forze dell’ordine avvenuti l’8 dicembre 2011 intorno al cantiere della Torino-Lione a Chiomonte.
Il pm Manuela Pedrotta li accusa, a diverso titolo, di violenza privata, lesioni e danneggiamento. Durante la manifestazione – che fu organizzata per i sei anni dalla “battaglia del Seghino” del 2005 – i No Tav lanciarono pietre e petardi all’indirizzo degli agenti e rimossero delle barriere in cemento.
Una notizia, che conferma una costante attenzione della magistratura rispetto al movimento antitreno, che arriva a pochi giorni dalla diffusione di un duro documento del presidente della Comunità Montana Sandro Plano e dei sindaci che si oppongono all’opera in cui si paventano rischi per “la libertà di espressione”. Un documento teso a distinguere tra “singoli episodi di protesta accompagnati da atti illegali e la legittimità di una contestazione corredata da ampia documentazione e da ripetute segnalazioni di irregolarità nella gestione degli appalti”.
Insomma, non una dissociazione, ma una relativizzazione. Certo, si ribadisce “la condanna senza mezzi termini di qualunque atto violento”, con un “da qualunque parte venga” che lascia almeno qualche spazio alla denuncia di eccessi da parte delle forze dell’ordine.
Nel testo, che in alcuni primi cittadini presenteranno ai loro Consigli Comunali come mozione, si attaccano i media e certi provvedimenti della magistratura, oltre alla polizia francese. “I mass-media – scrivono gli amministratori No Tav – stanno attuando una campagna di disinformazione omissiva, distorta ed orientata a ridurre una questione tecnica, economica ed ambientale come il Tav a un problema di ordine pubblico”.
Riferendosi alla convocazione di alcune famiglie di alcuni minori identifica ad un’iniziativa antitreno e alla crudezza della polizia francese nel trattare i No Tav giunti a Lione in occasione del recente vertice italo-francese, aggiungono: “si assiste ad una campagna intimidatoria volta a chi vuole legittimamente e pacificamente protestare, a tentativi di ridurre la questione ad un problema di ordine pubblico ed una manovra di delegittimazione delle Valle di Susa”. Sarà anche faccenda di punti di vista, ma – come dice un autorevole osservatore della cose della Valle sotto garanzia dell’anonimato – “dai documenti delle amministrazione pubbliche si dovrebbe distinguere meglio il senso dello Stato”.
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