
I magistrati leggono gli atti della trattativa Stato-mafia. Ma ci trovano ben poco
Mercoledì scorso a Palermo è stata depositata dai pm una memoria di 22 pagine, nel procedimento Trattativa. In attesa della prossima udienza davanti al gip Piergiorgio Morosini, Antonio Ingroia, Nino Di Matteo e colleghi hanno dovuto sintetizzare la loro inchiesta, giusto per dare almeno un’idea del contenuto delle oltre 1 milione di pagine di atti che hanno consegnato al gip, e che Morosini deve (o dovrebbe) leggere prima di arrivare al verdetto di rinvio a giudizio per gli imputati o di archiviazione delle accuse. Un’impresa titanica: la prossima udienza è fissata al 15 novembre. In ogni caso, il Fatto quotidiano l’ha ripubblicata quasi immediatamente sul proprio sito, così che chiunque potesse consultarla e farsene un’idea precisa.
IRONIE SU INGROIA. Tra i lettori della sentenza, ci sono stati anche parecchi magistrati italiani, cui non è parso vero di potersi esprimere sulle carte dell’inchiesta, dopo le infinite discussioni mediatiche più o meno rispondenti agli atti su questa vicenda. In particolare, alcune toghe di Area, la corrente di sinistra della magistratura, hanno deciso di postare nella loro mailing list i loro commenti.
E qui arriviamo al punto dolente. Una giornalista iscritta alla mailing list ha pensato di divulgare in una nota dell’agenzia Ansa alcuni di questi giudizi di magistrati sull’inchiesta condotta dai colleghi palermitani. Nella nota si scopre che i giudizi erano più che altro bacchettate, spesso irridenti, a Ingroia e colleghi. I giudizi riguardano sia questioni di diritto sia il contenuto stesso della memoria, ritenuta da alcuni «più una rappresentazione storica (e politica) di fatti, persone e circostanze, che non una chiara individuazione di responsabilità penalmente rilevanti».
In una delle mail più pungenti un gip di Bari commenta la pubblicazione del provvedimento sul quotidiano chiosando che «l’illustre collega Ingroia dovrebbe essere nominato vice direttore ad honorem o, almeno, corrispondente dal Guatemala o dall’Onu». Prosegue poi lo stesso gip pugliese: «Amici di Palermo, forse tradito dalla fretta di partire, l’immenso Collega Ingroia ha condensato troppo il succo della trattativa, sfornando un prodotto che sembra modesto persino ad un umile gip di provincia».
CHIUDERE LA MAILING LIST. Il polverone sollevato dalla pubblicazione della nota Ansa (che riporta i nomi dei magistrati autori delle critiche) è nella mailing list persino superiore a quello per i commenti sulla memoria di Ingroia. Il primo a scendere in campo è un autorevolissimo membro di Area, procuratore aggiunto a Milano: «La grave vicenda della pubblicazione delle mail dei colleghi mi ha spinto a qualche indagine”». L’autorevole toga, spiegando di non essere riuscito a risalire alla precisa identità del giornalista Ansa, chiarisce di essere da sempre favorevole all’apertura della lista anche ai giornalisti, ma evidenzia che «sono rigidamente anche per il rispetto delle regole (di continenza e di non diffusione dei messaggi senza consenso) e la sanzione o l’allontanamento della lista di chi le viola». Numerosi altri colleghi, giudici o pm, gli danno ragione. Il consigliere di Cassazione modera un po’ gli animi: «Ho preso l’abitudine di scrivere comunque anche in lista come se scrivessi in pubblico e quindi la cosa mi “turba” relativamente, anche se non nascondo affatto un profondo fastidio. Prendiamo atto che la lista è ormai “apertissima”. Magari chi gira il materiale “fuori” potrebbe innanzitutto dare informazioni più corrette».
Un pm milanese etichetta la pubblicazione delle mail come «gesto vile», un altro di Caltanissetta spiega che «i colleghi critici con Palermo quasi apertamente accusano i colleghi di Palermo di avere propalato loro la notizia», qualcuno invoca nuove e precise regole di netiquette, qualcun altro minaccia di andarsene per sempre. Interviene anche il presidente di Magistratura democratica: «Il disagio della lista aperta è solo una manifestazione di quel disagio che Area può concorrere ad affrontare se ci liberiamo dei nostri fantasmi e non perdiamo la nostra anima».
Dopo decine di mail, infine, qualche sussulto di realismo. Scrive un pm milanese: «Ad un giornalista viene data una mail nella quale un magistrato critica (con argomenti a mio avviso assai pregnanti) un passo di una delle più rilevanti inchieste di questo momento e non la pubblica ? Ma suvvia: l’interesse pubblico è evidente!».
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