
I pericoli della devolution
Come si compone la riforma federalista della Casa delle Libertà, che si articola nella proposta di dare competenza esclusiva alle Regioni in materia di scuola, sanità e polizia locale, con la riforma del titolo V della Costituzione fatta con un colpo di mano dall’Ulivo nella precedente legislatura senza che il Presidente della Repubblica pronunziasse verbo? Il testo della riforma fatta dalla sinistra è particolarmente imbarazzante perché, introducendo la competenza concorrente in numerosi settori tra Regioni e Stato, ha reso incerto ogni provvedimento governativo in tali materie ed impugnabile (come più volte è già accaduto) presso la Corte costituzionale. La Casa delle Libertà avrebbe prima dovuto riformare la riforma con procedura di revisione costituzionale, almeno sui punti più contestabili e, solo dopo, proporre la sua riforma: o farlo almeno contestualmente. Invece ha proposto la sua riforma lasciando intatto il titolo V della cattiva riforma, fatta con maligna intenzione dalla sinistra in modo da rendere difficile la esecuzione delle opere pubbliche del programma di Berlusconi.
E del resto come si attua in concreto la devolution? Che cosa accade dei ministeri ai settori indicati quali competenze, quale personale residuo? Chiuderemo via Trastevere? Che ne faremo dei dirigenti, dei funzionari, degli impiegati, dei lavoratori? Pensiamo a trasferirli da Torino a Firenze, da Firenze a Roma come accadde tra il 1860 ed il 1870? A Torino ci fu una protesta popolare, a Roma ci sarebbe una sollevazione, una casserolada come a Buenos Aires.
Se c’è qualcosa che può riportare la sinistra in maggioranza nel paese, è il “combinato disposto” della riforma della sinistra e della devolution di Bossi. Mi pare strano che nella Casa delle Libertà nessuno si sia posto queste domande. Eppure esse sono inevitabili: penso che almeno il ministro La Loggia lo abbia fatto. Certamente la sinistra si propone di cavalcarle, in tutte le sedi, compresa quella referendaria. Ora Bossi, che usa il diktat come mezzo politico (e ciò indica il residuo non liberale e non democratico della Lega Nord, che nemmeno Tremonti può nascondere con la sua politezza e sofisticazione di scrittura) non può non tenere conto che in tempi di recessione economica, e magari di guerra e di postguerra, il federalismo non è la maggiore preoccupazione degli italiani. E non è già oggi maggioranza, nemmeno al Nord. La Casa delle Libertà non può imporre la dittatura di una minoranza per quanto fascinosa.
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