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I referendum sulla giustizia spiegati con “Zabriskie Point”

Di Luigi Amicone
09 Agosto 2021
Un po’ come i due ragazzi del film di Antonioni, l’Italia necessita di ritrovarsi al saltare per aria di una impalcatura di potere che da trent’anni trattiene tutti sulla soglia del deserto
A un gazebo della Lega a Roma vengono raccolte firme per i referendum sulla giustizia

Per instradare il lettore verso gli argomenti che mi hanno fatto mobilitare nella raccolta di firme a sostegno dei sei referendum sulla giustizia nonostante le buone obiezioni del mio amico giudice Alfredo Mantovano e la pubblica ammenda del mio amico direttore (il quale confessò di averli abbracciati in modo «troppo precipitoso e istintivo»), rimando all’ultima scena di un film capolavoro di Michelangelo Antonioni: Zabriskie Point. Qualunque cosa significhi quell’opera di lontano 1970 e quella sua scena finale nella quale un fortilizio del benessere – una villa costruita nel deserto – salta per aria e riesplode al rallentatore una decina di volte, ripresa sotto l’occhio di 17 telecamere e circonfusa dalla musica dei Pink Floyd, essa è quel che è, non c’è niente di cui lambiccarsi, sic transeat gloria mundi.
Ecco, i sei referendum servono essenzialmente ad affrettare il transito della (fin troppa) gloria con cui i professionisti della giustizia, inquirente e giudicante, hanno occupato ...

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