I sindacati facciano autocritica

Di Giorgio Vittadini
04 Dicembre 2003
Lo sciopero dei mezzi pubblici a Milano di lunedì scorso mostra qualcosa di irreversibile nel panorama sociale italiano.

Lo sciopero dei mezzi pubblici a Milano di lunedì scorso mostra qualcosa di irreversibile nel panorama sociale italiano. Non qualche sindacato corporativo e settoriale, ma esponenti di Cgil, Cisl e Uil, infrangendo norme ben precise, si sono permessi di annunciare un orario di sciopero dei trasporti e poi cambiarlo senza avvertire migliaia di milanesi e lombardi, che si sono così trovati nell’impossibilità di andare a lavorare. A Milano, tra l’altro, cominciava un vertice mondiale sull’ambiente ma, si sa, l’immagine internazionale non conta. I sindacalisti che hanno proclamato lo sciopero, come in una sorta di picchettaggio, hanno pensato che il loro corporativo diritto fosse più importante del diritto al lavoro di molti altri.
Non solo in questo loro gesto non c’è traccia di lungimiranza e tanto meno di gratuità, ma anche le minime garanzie di democrazia sono saltate. Bisogna affermare a voce alta che non è un episodio isolato. è l’ultimo esempio di una mentalità corporativa che si è affermata negli ultimi anni. Ormai, non c’è un ideale per cui si possa accettare una convivenza che comprenda interessi diversi dai propri.
Ciò che appare inaccettabile inoltre è che certi sindacalisti pretendano di rappresentare in tutto la volontà generale, mentre in questi e in molti altri casi, non la considerano nemmeno.
Alcuni esempi lo mostrano. Abbiamo votato un referendum contro meccanismi automatici di finanziamento ai sindacati: stiamo continuando a pagarli. Non c’è legge, persino la Biagi, che non preveda congrui finanziamenti non ai lavoratori, ma alle organizzazioni che pretendono di gestirli in modo esclusivo. Nella scuola il legittimo diritto degli insegnanti a uno status giuridico da intellettuali è mortificato dalla reazione di sindacati che li vogliono rappresentare anche senza delega.
è venuto il momento di scegliere. I sindacati – che secondo la Costituzione dovrebbero essere regolamentati, e continuano a non esserlo – non possono pretendere di decidere su tutto, dalla formazione all’assistenza, all’assetto della scuola, ma devono tener in conto di non essere l’unico soggetto che rappresenta il parere della gente.
I sindacalisti non massimalisti devono decidere quale strada dare al sindacato: l’alternativa è tra l’anelito alla libertà della Solidarnosc degli anni ‘80 e l’arroganza dei sindacalisti di Fronte del Porto. è, per tutti, una questione di democrazia sostanziale.

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