Il bagno Turco dell’eros center padano

Di Fabio Cavallari
16 Maggio 2002
“Nessuna differenza concettuale tra Bossi e la Turco in tema di prostituzione”

Nel luglio del 2000 l’allora ministro per la Solidarietà sociale Livia Turco proponeva, in tema di prostituzione, la costituzione di spazi in città in cui le prostitute potessero “esercitare” al chiuso, magari riunite in cooperative. Oggi il ministro Umberto Bossi sottopone ai colleghi di governo l’ipotesi di istituire gli eros center, praticamente delle zone franche ai margini delle città. Quali sono le differenze tra la proposta del rude padano e quella della cortese diessina? Sostanzialmente si tratta di differenze di metodo, di stile, non certo concettuali. Entrambe le proposte sembrano ispirate dalla necessità di risolvere un problema di ordine pubblico. Ripulire le strade sembra l’imperativo categorico. Ma lo sfruttamento al chiuso non sarebbe meno scandaloso dello sfruttamento in piazza. Ora però gli interpreti politici si scagliano gli uni contro gli altri, facendoci credere che le ipotesi in campo rispondono ad una diversa concezione di civiltà. Domande al rude leghista e alla cortese diessina: la prostituzione è una libera attività commerciale? Le donne straniere che affollano i viali delle nostre città hanno operato una “libera” scelta di vita? L’esempio da seguire è forse l’Olanda? Lì, la compravendita del sesso è legale, e ciò ha comportato la proliferazione dei quartieri “a luci rosse”. In quel contesto non solo le prostitute non sono state emancipate dal degrado, ma sono costrette dalle leggi del mercato ad essere catalogate in base ai servizi che garantiscono e a proporre offerte speciali per “conquistarsi” i clienti. Se la legge Merlin è da considerarsi superata, l’esempio europeo non dovrebbe in ogni caso fornire un modello da seguire. Per una volta, forse, la ricerca di una terza via si rende necessaria.

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