Il blocco Dc-Pci.E un Craxi driver

Di Gianni Baget Bozzo
10 Novembre 1999
L’anno mirabilis 1978. L’egemonia delle due sinistre, morte di Paolo VI, il caso Moro e l’emergere della leadership liberal-socialista di Bettino Craxi. Seconda di una storia in quattro puntate dell’Italia del dopoguerra

Il ‘78 è l’anno terminale della involuzione democristiana. Nelle elezioni amministrative del ‘75 i comunisti ottenevano una grande affermazione e conquistavano la stessa città simbolo, Roma e la regione Lazio. Questo punto d’arrivo è dovuto al fatto che il Psi non aveva mai adottato una linea anticomunista ed era rimasto legato idealmente e organizzativamente al Pci. In compenso, aveva portato nell’area di governo la Cgil, le Coop rosse e tutte le strutture parallele allo Stato che il Pci aveva costruito dagli anni ‘40 in poi. La Dc, alleata con il Psi, si trascinava sempre più in direzione comunista. Aldo Moro decise così di governare assieme al Pci, visto che del resto, vi era già una stretta collaborazione con il Pci nei lavori parlamentari. La Dc era divisa in correnti che lottavano tra di loro nel voto in Parlamento, facendo mancare la maggioranza ai provvedimenti del governo invisi a questa o quella corrente: i voti dei comunisti (o le loro assenze) erano di fatto necessari ed era stato Giulio Andreotti a modificare il regolamento della Camera dei Deputati, in modo che fosse sottratta al governo e affidata ai gruppi parlamentari la determinazione dell’agenda parlamentare. Dal regime parlamentare l’Italia passava al regime as-sembleare. Dopo le politiche del ‘76, in cui Dc e Pci si erano egualmente affermati, Moro teorizzò che ci fossero “due vincitori” e che quindi insieme dovevano decidere del governo. Si trattava di una vera abdicazione politica della Dc, dovuta a una abdicazione spirituale e culturale avvenuta ventanni prima. Ne nacque una singolare combinazione politica, un governo monocolore democristiano reso possibile dall’astensione di tutti gli altri partiti. E questo esito non era dovuto ad una pressione del Pci, quanto alla perdita della Dc, la perdita della propria identità culturale e quindi del fondamento della fiducia in se stessa. Non ci fu una vera opposizione interna a Moro, che poteva contare sull’appoggio di Paolo VI. Questa abdicazione di identità della Dc aveva radici anche nella grande crisi ecclesiastica postconciliare. E non fu dunque responsabilità del solo Moro, ma dell’insieme del partito cattolico. Moro non fece che governare politicamente un fenomeno reale, che egli stesso aveva determinato con l’apertura a sinistra degli anni ‘60. Eppure questo evento, scritto nella storia della Dc, non era scritto nella storia del paese. Ed a bloccarlo sopravvenne il terrorismo rosso. Subito dopo la svolta verso i comunisti compiuta dai democristiani iniziò questo fenomeno inatteso. Il germe era stato posto dalla influenza che aveva avuto in Italia il pensiero di Mao-Tse-Dung, il leader del comunismo cinese, che aveva contrapposto le “guardie rosse” al partito comunista cinese, invitandole a sparare sul quartier generale cioè sul partito. La cultura marxista era talmente dominante in Italia che si verificavano in essa i medesimi fenomeni che accadevano in Cina. Nasceva il terrorismo della cattedra, erano gli intellettuali di sinistra che giustificavano come nuovo pensiero marxista il terrorismo e la guerriglia urbana. A ciò si aggiungeva l’influenza in Italia della guerriglia sudamericana. Nascevano così “due sinistre”, una radicalmente opposta all’altra, il Pci e i terroristi: nessun ruolo reale avevano tra i due schieramenti i partiti nati dalle scissione sia del Pci che delle Acli . La cultura comunista era divenuta così dominante in Italia che la politica del paese era divisa tra comunisti di scuola sovietica e di scuola cinese. E fu questa lotta che risolse il dramma politico italiano: con il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro. La politica italiana cambiò radicalmente. Era l’intesa di Moro con Paolo VI che sosteneva la politica della maggioranza democristiano-comunista. Paolo VI morì nell’agosto ‘78. I due protagonisti cattolici del “compromesso storico” erano ambedue scomparsi. E veniva eletto Papa il cardinale di Cracovia, Karol Wojtyla, che apparteneva a una cultura e a una storia ben diverse da quelle di Paolo VI. La Dc si sarebbe però ritrovata isolata e costretta a subire la politica comunista, se non fosse avvenuto un cambio inatteso e imprevedibile nel Psi: la rottura culturale e politica con il leninismo. Bettino Craxi, eletto segretario del Psi benché esponente di una corrente minoritaria riuscì in quello che non era riuscito né a Saragat né a Nenni: portare il Psi su posizioni socialdemocratiche. E anche su posizioni occidentali; Craxi fu determinante per obbligare la Dc ad accettare lo schieramento dei missili nucleari strategici (cioè capaci di colpire il territorio sovietico) in Italia: e l’accettazione italiana fu la chiave di quella tedesca. Ciò fece di Craxi il leader della politica italiana per tutti gli anni ‘80. Sino al 1992.

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