
Il calcio nelle nebbie del marketing
Anche la nebbia non è più quella di un tempo. Ricordo ancora il terrore da uomo di mare la prima volta che mi circondò. Feci l’autostrada fino a Gropello con la testa fuori dal finestrino, convinto che si vedesse meglio. Alla prima stazione di servizio, aprii la portiera e mi precipitai a baciare quell’asfalto oleoso come se fosse la terra promessa. Al gestore, che mi osservava incerto se chiamare il neurodeliri, dissi: «Un nebbione, eh?». L’infame sorrise: «Nebbia? Questa è leggera foschia». Ci pensavo l’altra sera a Torino, quando hanno rinviato Juve-Bayer. Dalle tribune non si vedeva nulla, in campo si poteva giocare. In altre occasioni quella “leggera foschia” non aveva impedito lo svolgimento dell’incontro. Rispetto per il pubblico? Ma va’ là, per gli sponsor che foraggiano la Champions League, piuttosto. Certo, dal rinvio ci ha guadagnato anche la gente, eppure io rimpiango quella nebbia democratica uguale per tutti. Era lei a decidere se si giocava, non il direttore del marketing.
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