
Il ciclismo? Una bomba
Una volta, vent’anni fa, un collega mi raccontava delle sue gare di ciclismo giovanili, cioè altri dieci anni indietro. Aveva battuto le strade degli amateur, dei dilettanti, delle corse di paese. E lui, giornalista sposato con una farmacista, mi confidò di come s’impasticcava alla grande. In questi giorni così travagliati in cui, malgrado i Nas e chi per loro, stanno in agguato attorno alle bici, ai giri, ai tour e alle vuelte, i corridori si fanno beccare con le mani nell’epo (o peggio), mi ritornava alla mente quella storia. Nel ciclismo non è solo questione di professionismo, di livelli esasperati di competizione. Secondo me è proprio il ciclismo, a tutti i livelli. Sei lì che pedali e non arrivi, sei lì e un altro va più forte di te. Sei lì stravolto e dici: ma io prendo la bomba e lo raggiungo. Non solo per vincere, ma per battere la fatica e chi t’ha messo su quei sellini scomodi. Secondo me non esiste ciclo senza doping. Tanto vale liberalizzare.
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