
Il cinema-cinema e quello alle Cannes
Dicono che il verdetto di Cannes sia stato un verdetto a sorpresa, inaspettato (e quindi, non lo si dice ma lo si deduce) immeritato. A Cannes è stato premiato un film belga, girato da due fratelli, i fratelli Dardenne, che racconta la storia di un’emigrata italiana, Rosetta. Non abbiamo visto il film, ma dei fratelli Dardenne conosciamo l’opera precedente, “La Promesse”, un film che sicuramente merita di essere visto (è in videocasetta). Parlare di un film che non si è visto è una bella impresa, ma dato che chi l’ha visto (i critici italiani) non ne hanno parlato, noi ci proviamo. Rosetta è una ragazza che vive in un caravan con la madre alcolizzata. È una ragazza attaccata alla vita con i denti e con le unghie. A dispetto di un destino da sesto grado, irto di difficoltà e di rifiuti, Rosetta non s’arrende mai. La interpreta un’attrice esordiente, Emilie Dequenne, così brava che la giuria di Cannes non ha potuto non darle la palma di miglior performance femminile. Le Monde ha scritto che è un “film personaggio”: le cinepresa incollata alla protagonista, la segue senza mai mollarla in questo suo corpo a corpo con la vita. Talora sembra che il filtro della rappresentazione venga meno, come se la magia del regista fosse quella di tirarsi indietro, di fare dell’occhio della cinepresa direttamente l’occhio dello spettatore. Non è cinema-verità ma è cinema che si reinventa, misurando la sua tenuta sulla pressione della realtà. Insomma, siamo pronti a scommettere che Rosetta non solo meritava la Palma scandalosamente tolta ad altri maestri di cui si sa già quasi tutto (Almodovar, Lynch, Egoyan), ma è anche un grandissimo film, di quelli che ti prendono alla gola, ti si stampano negli occhi e nel cuore. Ne abbiamo visto un altro così, lo scorso anno, “La vita inquieta” (ma il titolo originale era la “Vie de Jésus”) di un regista, Bruno Dumond, anche lui della Francia del nord, che quest’anno a Cannes ha presentato il suo secondo film, “L’Humanité”, prendendosi tanti premi tra un ugual scandalo generale. Nelle stesse settimane in Italia si è molto e ben parlato di un film-verità, “Fuori dal mondo”, film discreto con Barbara Buy e Silvio Orlando. Volete sapere la differenza tra questo filmino e quello strano e soprendente fenomeno che sta accadendo nel nord della Francia: è che questo ha una storia improbabile, che corre sulla realtà come su un binario magnetico: non la tocca mai. Gli altri invece nel rapporto, anzi nell’impasto con la realtà, reinventano il loro linguaggio. Proprio come un giorno aveva fatto il grande Bresson.
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