Il clan. Sobrio, secco e ben diretto

Di Simone Fortunato
12 Settembre 2016
Il regista Pedro Trapero rievoca una vicenda poco nota per raccontare senza troppi commenti gli anni della dittatura argentina
Il clan, film argentino di Pablo Trapero gi‡ in corsa alla 72/ma edizione del Festival di Venezia dove ha vinto il Leone d'argento, in sala dal 25 agosto. 6 agosto 2016. ANSA/UFFICIO STAMPA +++ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING+++

Durante gli anni della dittatura argentina, un uomo con la complicità della propria famiglia compie una serie di rapimenti.

Film terribile e angosciante, ben diretto da un regista argentino in gamba che gira avendo in mente tanti crime movie americani. Tutto ruota attorno a Arquimedes Puccio, (straordinariamente interpretato da Guillermo Francella), un padre di famiglia legato ai servizi segreti. Uno che si spaccia per capo di una indefinita cellula terroristica e in realtà compie rapimenti per soldi, coinvolgendo la famiglia che un po’ sa e un po’ finge di non sapere e coperto da un governo che non faceva fuori solo i comunisti o gli oppositori del regime.

Stile sobrio e secco, che fa parlare le immagini: Trapero rievoca una vicenda poco nota per raccontare senza troppi commenti a margine gli anni della dittatura argentina osservati da un punto di vista interno, seguendo chi lavorava nell’ombra distruggendo quotidianamente vite e libertà.

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