Il contenitore di espressioni

«Non lo definirei un museo e del resto non è nei suoi intenti sostituirsi alle strutture dedite all’attività pubblica milanese. Diciamo che si tratta piuttosto di un raccoglitore, un raccoglitore di iniziative e proposte. Marco Tagliafierro cercava un luogo adatto alla grande mostra che aveva in cantiere ed è qui che ha trovato alloggio la sua espressività, è qui che ha invitato artisti internazionali promettenti. Ecco, lo Spazio Lambretto è un luogo che accoglie».
Tra il fiume Lambro e il Lambretto, l’operazione di “contaminazione culturale e architettonica” che ha consacrato Mariano Pichler ad anfitrione della rigenerazione di Lambrate corre veloce. Là dove prima fervevano le attività di Innocenti e Faema, dalla fine degli anni Settanta «gli operai con la tuta blu hanno lasciato il passo a operai seduti al computer, nuove funzioni hanno iniziato a invocare riconversione degli spazi e sinergie diverse, e presto, tra gli scheletri dei capannoni di un quartiere a vocazione storicamente industriale, è iniziata la ricerca di una caratterizzazione nuova», racconta a Tempi l’architetto Pichler, che si sta preparando a replicare l’esperienza positiva di Via Ventura con un altro importante intervento attiguo alle ex aree Innocenti. «Un intervento chiamato Brainport, nato per accogliere appunto le attività relative alle nuove produzioni, alla creatività e al pensiero. Uffici e laboratori uniti ad aree dedicate a servizi (mensa, fitness, asilo nido) per lavorare in condivisione, spazi architettonici nati dal recupero delle fabbriche e che, pur mantenendone l’archeologia industriale, si pongono in sintonia con tutto ciò che è contemporaneo, offrendo soluzioni di comfort e coerenza con l’ambiente».
L’edificazione del polo creativo partirà a breve sull’insieme dei volumi demoliti accanto al grande capanno di 1.500 metri quadrati conosciuto come lo Spazio Lambretto, «un “contenitore di espressioni” giovane ma che dall’avvio della stagione artistica dello scorso anno, quando molte gallerie, soprattutto straniere, sono state invitate a presentare installazioni e performance di artisti diversi, può vantare un’esperienza assai significativa. Merito dello spazio del tutto informale che ha permesso agli artisti di esprimere al meglio la loro creatività», assicura Pichler. Ed è proprio in questa sorta di caverna contemporanea, fatta di pareti scrostate, infissi caduti e umidità, che la mostra collettiva “What remains. Quello che rimane” curata da Marco Tagliafierro intende proseguire l’indagine delle relazioni tra arte contemporanea e architettura. Un’indagine mai dimentica dell’illustre passato dei capannoni di Lambrate e che tuttavia lascia aperta, nel ground zero di Lambretto, una muta domanda su ciò che resterà di tanta memoria nel domani di questi luoghi (dal 21 al 23 settembre, presso lo Spazio Lambretto, via Arrighi 19, Milano. L’inaugurazione si terrà il 20 settembre, dalle 19 alle 23).

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