
IL DIRITTO CIVILE DI FERMARE L’INVASIONE
Il sistema di accoglienza italiano dell’esodo africano che si dirige su Lampedusa e su Pantelleria ha raggiunto il punto di saturazione. I centri di accoglienza in Italia sono colmi, non rimangono che due alternative: o lasciare liberi nel territorio i nuovi arrivati o rimandarli indietro. Sembrerebbe che a favore della politica dell’accoglienza indiscriminata concorrano due fattori: il buonismo dell’opinione pubblica e dei suoi mezzi di informazione e la richiesta di braccia a poco prezzo per le attività produttive.
Il problema della compatibilità civile di una tale immigrazione di massa che avviene nella più perfetta illegalità sembra non essere oggetto di attenzione sufficiente da parte della politica e delle stesse istituzioni. Quale principio può governare questa immigrazione d’assalto? Uno è il principio del diritto naturale di ciascuno di trovare il suo spazio nel mondo. Ma questo diritto naturale non può essere esercitato contro un altro diritto, quello di coloro che hanno costruito su quel territorio le loro civiltà e hanno diritto al rispetto della propria cultura e della propria storia.
I diritti umani non si fondano solo sulla natura ma anche sulla storia, non sulla mera vita fisica e il rispetto di essa ma anche sul riconoscimento delle azioni degli uomini e delle opere che essi hanno prodotto. Il diritto naturale si realizza nel diritto civile, cioè nel diritto di una società organizzata. Non può esistere come diritto civile il diritto naturale al vagabondaggio fondato sulla propria scelta di affidarsi al mare in condizioni pericolose per contare sul diritto civile dei mari e sui doveri di soccorso. Abbiamo già conosciuto una situazione analoga a quella che ci viene dall’Africa quando abbiamo dovuto fare fronte al problema albanese. Ma quello era piccola cosa in confronto a una marcia che comincia dalla Nigeria e dal Sudan e che è organizzata non solo da interessi economici degli scafisti ma anche forse dalla volontà islamica di insediare islamici su territori cristiani.
Non rimane dunque altra soluzione che collocare su battelli o su aerei i nuovi arrivati e rispedirli alla costa africana da cui sono venuti. La collaborazione con la Tunisia ha avuto successo, quella con la Libia non ancora.
Ma basta guardare i confini della Libia che comunicano con tutto il mondo sahariano saheliano per capire che i problemi libici, quelli che deve affrontare Gheddafi, sono maggiori di quelli tunisini. Il problema è di principio. E non è possibile che la Corte costituzionale non conosca lo stato di necessità in cui si trova il paese e legiferi come se si trovasse, utopisticamente, nel migliore dei mondi possibili. Il governo ha diritto di criticare la Corte e di metterla innanzi alle proprie responsabilità. L’Italia deve ospitare uomini da essa scelti, non può subire l’invasione in nome della pietà e in nome dell’occupazione. Una nazione non è solo un territorio o un’economia, è una storia, un costume, una cultura, una convivenza che deve essere rispettata in nome dei diritti acquisiti nella storia.
bagetbozzo@ragionpolitica.it
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