
Il fallimento dell’Ulivo
Da più parti ci si chiede qual è il nesso che lega l’opposizione di “sinistra” all’ondata giustizialista, alla scorciatoia penale e repressiva. Qual è quella “sinistra” che si rifugia nella delega ai Pubblici Ministeri per la risoluzione della propria crisi. Fuori da metafore e da false analisi di fase, questa è l’espressione più completa e organica di un fallimento culturale e politico. Il fallimento del progetto Ulivista. L’orgia emergenzialista e demonizzatrice di un’opposizione priva di una seria alternativa politica è assolutamente estranea e addirittura nemica della storia stessa e della progettualità dei movimenti operai, comunisti e social-democratici. Con quanta tristezza abbiamo visto in questi giorni sventolare quelle bandiere simil-rosse. Quei vessilli sventolati dagli eredi di quello che veniva chiamato “il paese nel paese”, sono diventate le icone di una gestualità qualunquista. Quelle bandiere che tentano di avvicinarsi esteticamente a quel colore, hanno perso il calore della ragione, la forza delle idee e la coerenza della prassi. Feticci branditi al servizio di una non-politica, alla ricerca di un antidoto al demone Berlusconi. È da questa impostazione personalistica della politica che nascono i girotondi e gli sberleffi di cartapesta. Ma la demonizzazione dell’avversario, l’attacco all’immagine del capo popolo, la sua irrisione sono il frutto di una sconfitta profonda e forse irreversibile. Questa impostazione impedisce di comprendere i reali processi in corso, impedisce l’analisi critica del blocco sociale, ideologico e di insediamento del fronte opposto. Questa impostazione, tanto comoda e populista, svilisce e blocca la comprensione della realtà, fossilizza la critica dialettica ed impedisce l’elaborazione propositiva. Negli obiettivi di questo centrosinistra non ha ragione di esistere “un altro mondo possibile”, lo scopo prefisso è molto più minimalista: una società senza il demone. Poi sulla flessibilità, sulle concessioni alle scuole private e sulla guerra, i nostri paladini hanno preceduto il governo di centrodestra ed ora alle politiche neoliberiste oppongono le “buone maniere” piccolo borghesi.
Nota della direzione. Fabio Cavallari è un operaio e un amico di fede comunista. Bertinottiano, ma fuoriuscito dal Prc con un gruppo di simpatici compagni di base molto attivi sul territorio e che firmano a Luino, confine lombardo con la Svizzera, la rivista RedAzione. Da questa settimana, il marxista Cavallari inizia a collaborare con questo settimanale risolutamente libertarian, e non solo. Lui non apprezza le conversioni, noi sì.
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