Intercettazioni non autorizzate, conversazioni pubblicate impunemente dai media, sul Fatto di oggi si allude persino a un possibile «golpe» che coinvolge la magistratura brasiliana. La svolta garantista del giornale di Marco Travaglio riguarda l’accusa di corruzione a Ignacio Lula da Silva, ex presidente del Brasile, un “inquisito” che evidentemente riscuote le simpatie dei giornalisti e dei lettori del quotidiano più giustizialista d’Italia.
UNO SCUDO PER LULA. Dopo aver pubblicato intercettazioni a raffica su qualsiasi inchiesta italiana degli anni recenti e aver difeso sempre e comunque la magistratura, il Fatto si schiera per la prima volta a favore di un ex governante indagato, Lula, accusato dalla magistratura brasiliana di corruzione.
Lula è ritornato popolare sui media mondiali dopo la pubblicazione di un’intercettazione fra lui e Dilma Rousseff, nel quale l’attuale presidente del Brasile offriva al predecessore un incarico di ministro, utile per evitargli il processo. Chi si aspettava una tagliente invettiva di Travaglio sulla ricerca di impunità dei potenti, è rimasto non poco scioccato.
Al posto di insorgere contro il “vergognoso scudo” offerto dalla Rousseff a Lula, per «difendersi dal processo e non nel processo», il Fatto denuncia il gioco sporco del magistrato Sergio Moro, il quale «senza avvisare minimamente in nuovo ministro della Giustizia», «non solo» ha intercettato «i dialoghi riservati» fra Rousseff e l’ex presidente Lula, «ma ha persino distribuito le registrazioni alla stampa e ai media televisivi» fra cui media «sempre favorevoli all’opposizione al partito di governo».
LE INTERCETTAZIONI FANNO MALE. Anche Giuliano Ferrara, sul Foglio, difende (con più coerenza del giornale di Travaglio) Lula, «icona mondiale di sinistra». «In Italia per vent’anni abbiamo chiacchierato in girotondo di conflitti di interessi e di giustizia ad personam e di uso delle istituzioni per fare scudo ai politici ladri», che ha raggiunto il suo apice con i governi di Silvio Berlusconi. Ora, scrive Ferrara, «c’è lo specchio di sinistra, planetario o mondiale, applicato ai companeros brasiliani, ai rappresentanti dei lavoratori-elettori di Rio e di San Paolo, del conflitto politico e istituzionale tra un ceto togato e la classe politica eletta».
Quale che sia l’esito, la vicenda giudiziaria non servirà a risollevare l’economia o il rating dei titoli di Stato del Brasile (classificati come spazzatura dalle agenzie internazionale), di cui anche le politiche di Lula e della sua compagna di partito Rousseff sono concausa. Dall’altra parte, la vicenda brasiliana ha il merito di aver fatto riflettere il Fatto sulla dannosità dell’uso mediatico delle intercettazioni, che, scrive il giornale di Travaglio, «contribuiscono ad arroventare il clima non solo nel Parlamento, ma ormai anche per le strade».
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