Il fideismo di Io (Rep. in piena Old Age)
Cattolici, leggete Repubblica. Non tutti i giorni, mi raccomando. Nuoce all’anima. Ma il numero di domenica 22 giugno è un numero da non perdersi. Vi si legge tra l’altro l’ennesimo annuncio di Scalfari che Berlusconi non passerà. E questo estremo appello di un fideismo laico nella Boccassini è patetico e struggente, indica che quando l’io diviene un culto, ciò che si appanna è proprio la ragione: drammatico per un laicista, nazionalista e maestro per autodefinizione.
Di lato all’articolo di Scalfari vi è un articolo di Ivo Diamanti, che cerca di sminuire i dati dell’inchiesta Eurisko sulla religione degli italiani affermando che, sì, la schiacciante maggioranza degli italiani crede in Dio, ma in un dio minore. Chissà perché minore. I dati parlano chiaro: le professioni di fede sono aumentate dal ’94 al 2003. E riguardano la fede in un Dio maggiore, che manda l’anima all’Inferno o in Purgatorio o in Paradiso. Gli italiani credono in un Dio provvidente, a cui ricorrono nei loro bisogni, di cui chiedono l’aiuto e, secondo l’inchiesta, anche con soddisfazione. Il loro Dio non è un dio fannullone che non si interessa del singolo, delle sue azioni, dei suoi bisogni: credono in un Dio potente e soccorrevole, un Dio che si misura a loro: hanno insomma una religione personale. Ma il cristianesimo è una religione personale. Lo è forse ogni religione, in certa misura, perché infine la persona è la vera realtà dell’uomo. Ma solo nel cristianesimo che crede in un Dio fatto Uomo e in una Persona divino-umana, Gesù Cristo, la persona non è solo una dimensione che l’uomo vive ma è anche un pensiero, anzi “il pensiero dominante”. è questa religione personale che Diamanti chiama fede in un Dio minore perché vede nel riferimento alle esigenze della persona una minorità di Dio invece che la vera grandezza del Dio cristiano. Questa è la ragione per cui la fede cattolica degli italiani, anche quella dei cattolici che vanno a messa, resiste alle prediche domenicali, un grande attacco contro la religione personale. In cui non si parla né d’immortalità dell’anima né di Inferno, Purgatorio e Paradiso ma si inveisce contro il consumismo e si invita a fare atti sociali di tipo assistenziale. Invece il cattolico tradizionale crede e va in chiesa per amore di sé, che non è egoismo ma senso della persona: chi non si ama, non ama. E cerca un Dio che lo ami, lo soccorra e lo conforti, gli spieghi il suo comportamento verso di Lui. Il cattolico cristiano credente parla con Dio e ne attende il sostegno e l’illuminazione: perché non debbo amare me stesso, se Dio mi ama? Invece le prediche domenicali sono prediche kantiane, un elenco di doveri e di rimproveri. Ci dovrebbero pensare i predicatori domenicali. Come mai c’è tanta fede in una società così consumistica e secolarizzata in cui la famiglia è in crisi, in cui la televisione fa opinione, in cui il grande nemico dei preti e dei vescovi, il consumismo, la fa da padrone? Infine il Signore è venuto a chiamare non i “giusti” ma i peccatori. E come dice san Paolo, dove abbonda il peccato, sovrabbonda la Grazia. Anche un mondo consumista crede in Dio, forse anche perché gli è grato di poter “consumare”, di vivere una vita migliore. L’Occidente è il figlio della Cristianità: non può dimenticarselo. Del resto, l’inchiesta fatta da Le Monde sulla Francia, anche se non dava questi risultati, mostrava che la fiducia nei maghi, negli astrologhi e nelle carte è in netta decadenza. Le Monde come Repubblica ci annuncia che la new age è finita. bagetbozzo@ragionpolitica.it
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