Il giornalista Rai (e socialista) Finetti in margine al Giubileo dei giovani, la giornata più piena delle vacanze di Maria. E della piena di sé (svolazzante sopra ai Savoia e pure a san Giuseppe) madame Jervolino. Il voyerismo di un Big-Brother telev

Di Luigi Amicone
06 Settembre 2000
Lettere

Egregio direttore, La durezza e la schematicità con cui hanno reagito persone di notevole cultura come il filosofo Massimo Cacciari e lo storico Sergio Romano alla visione di due milioni di giovani che pregavano insieme al Papa significa che sono stati colpiti nervi scoperti. La loro non è una difesa della cultura “laica” in quanto quel che sorprende in entrambi è l’intolleranza e – soprattutto – la non lettura “laica” dell’avvenimento. Di particolare interesse è la posizione negativa espressa da una persona notoriamente colta, equilibrata e moderata come l’ambasciatore Romano che è arrivato a usare persino la definizione sprezzante di “adunata oceanica”. “Adunata oceanica” nella letteratura storica, politica e giornalistica del Novecento ha una precisa connotazione. Essa evoca manifestazioni di massa tipiche dei regimi totalitari ed in particolare di Hitler e Mussolini. Quando si parla di “adunate oceaniche” ci si riferisce al Congresso nazista di Norimberga o alla folla radunata in Piazza Venezia per i discorsi del Duce. Accostare l’immagine di masse in divisa nazista e incolonnate corporativamente sotto regime dittatoriale a quella di persone che vengono in regime di libertà da 170 paesi è cosa chiaramente inesatta e offensiva da parte di un Sergio Romano. Perché lo ha fatto? Romano ha una concezione sostanzialmente élitaria del potere decisionale e – soprattutto – ha una visione troppo ottimistica del ruolo svolto dalle élites imprenditoriali e finanziarie nel nostro paese. In quest’ottica crollo del comunismo significa ritorno di massa all’ovile di un potere economico in cui “grande” è sinonimo di “illuminato”, fine delle ideologie e di associazioni collettive. Lo spettacolo di giovani che rischiano la vita per drogarsi e andare in discoteca suscita certamente scoramento, ma è alla fin fine rassicurante (poveretti! è la gioventù!) quanto – d’altra parte – la competitività giovanile tra chi anela a farsi selezionare e cooptare. E’ un panorama che invita a delegar! e a livelli superiori, esperti e ristretti il da farsi. Ma ! che centinaia di migliaia di ragazzi vengano tranquillamente da tutto il mondo per dire “sono nel mondo, ma non sono del mondo” è vissuto come qualcosa di perturbante, è subito tacciato di “fondamentalismo” e di ritorno a un passato totalitario. Quella marea di rappresentanti delle nuove generazioni dei vari continenti rispecchia infatti un pluralismo di idee ed esperienze che hanno in comune una visione del mondo non all’insegna del primato del profitto privato, ma dell’impegno sociale e umanitario, ha un effetto destabilizzante per chi pensa a politiche sbrigative nei rapporti sociali e internazionali, tra ceti umani e stati sovrani. Paradossalmente mentre il “gay pride” ha avuto un’eco stabilizzante o comunque del tutto innocua per i poteri dominanti, l’orgoglio della “diversità” – nel senso di rivendicare il diritto di immaginare un mondo diverso – è venuto proprio dai giovani del Giubileo.
E a questo dato si lega la reazione di segno diverso di cui è portavoce Cacciari. La sinistra post-comunista si è sentita destituita dal ruolo di fiduciario delle nuove generazioni e di depositaria del futuro. E’ soprattutto intollerabile che le masse giovanili guardino a chi essa considera il simbolo dell’anticomunismo. In questo quadro va compresa la campagna di odio contro Papa Wojtyla che per la sinistra post-comunista deve automaticamente evocare oscurantismo e anacronismo. Il contro-Giubileo era in moto da tempo. Da tempo Veltroni si atteggiava ad anti-Wojtyla. La stessa sfilata del “gay pride” era intesa come un’occasione in cui usando i diritti degli omosessuali come “scudo umano” si mettesse in scena un pronunciamento di massa contro Wojtyla. Sempre più si teorizzava infatti che il Giubileo era stato un “flop” e il “gay pride” doveva quindi essere ricordato come la manifestazione di maggior risonanza internazionale svoltasi a Roma nel 2000. Ed invece per giorni e giorni la Roma potente e trasgressiva si è vista silenziosamente e pacificamente invasa da milioni di sacchi a pelo. Non pochi gli italiani. E così Cacciari torna al “libretto rosso di Mao” e liquida il tutto come se fosse una “tigre di carta”. Una superbia che tradisce la propria fragilità nelle volgari espressioni in cui esorta a confidare sull’età avanzata del Papa. In realtà è stata la dimostrazione che né il cambiamento né un messaggio di solidarietà internazionale sono più sotto il segno post-comunista. La generazione sessantottina è invecchiata di colpo: con il suo carico di certezze e di odi, nonostante l’autocelebrazione e le “menzogne di Stato” attraverso i testi da essa imposti nelle scuole, ha scoperto di non essere più “egemone”, di poter contare su pochi nipotini e di non aver più in pugno il futuro.
Ugo Finetti, Milano.

Egregio direttore, Il 18 agosto alle 18.30 dalla stazione Garibaldi di Milano, 150 ragazzi tra i 15 e i 19 anni, tra cui io, salivamo su uno di quei treni speciali con destinazione Roma Tor Vergata, domandandosi si avrebbero avuto la grazia delle cuccette. Il motivo era uno: un uomo ormai molto più vecchio di noi ci aveva chiamati ed invitati a Roma, voleva che noi tutti andassimo da lui. E così senza troppi problemi siamo tutti tornati dalle nostre vacanze pronti a rispondere alla chiamata di quell’uomo che, vista l’età, non sembrava avere nulla a che fare con noi.
Dopo il viaggio di 12 ore, senza cuccette e passando a prendere i ragazzi di Torino e Genova, una camminata con gli zaini in spalla che, anche se durante la notte avevamo saccheggiato per renderli il più leggero possibile, erano inpiegabilmente troppo pesanti, siamo arrivati a destinazione. Abbiamo preso posto con i nostri sacchi a pelo in una parte dell’enorme terreno, grande come 700 campi da calcio, che si preparava ad ospitarci tutti. Erano le nove ed iniziava quella che passerà alla storia come la giornata più calda degli ultimi 100 anni! L’arrivo dell’uomo che era riuscito a farci venire lì sotto quel caldo era previsto per le 20.30. Alla fine dovevano passare solo 12 ore sotto quel sole nel metro quadrato destinatoci. In 12 ore abbiamo avuto modo di fare molte scoperte, come i bellissimi bagni chimici che, nonostante il numero, non sembravano essere mai sufficienti.
Oppure c’era chi, per una mezz’ora di ombra era disposto a fingersi cieco pur di poter andare sotto la tettoia destinata ai disabili, anche loro felici ed accorsi numerosi all’invito. Ma la scoperta migliore è stata sicuramente quella dell’acqua. Mai bene fu più prezioso, mai doccia fu più gradita, anche se per farla ci si riempiva inevitabilmente di fango. Ogni mezz’ora cercavamo tutti ristoro sotto gli spruzzi di acqua gelida e sotto i camion dei pompieri che spruzzavano acqua ai pellegrini in evaporazione.
Così tra acqua, tentativi disperati da vari ingegneri di creare, con ciò che c’era a disposizione (dalle calze alle canne di bambù), un piccolo spazio d’ombra, tra balli portoghesi e socializzazioni con ragazzi stranieri con i quali si cercava di comunicare in ogni modo ed incontri con gli amici lasciati prima delle vacanze estive, la giornata trascorreva. E’ stata la giornata più piena delle mie vacanze, non un minuto era buttato via anche se erano solo innumerevoli minuti d’attesa da riempire: forse era proprio quest’attesa a riempirli. Ormai eravamo tutti distrutti, l’inno del giubileo cantato tante di quelle volte e in tante di quelle lingue stava diventando un incubo, eravamo cotti dal sole ed infangati, più o meno tutti erano ormai seduti a terra senza forze ma ecco che qualcosa di grande deve essere successo in tutti quei due milioni di ragazzi, tutti, non uno escluso. Quando la Papamobile ha fatto il suo ingresso a Tor Vergata con a bordo l’uomo più contento, più giovane e più atteso, non c’è stato un ragazzo che non si sia alzato ad urlare e a battere le mani. Io per prima mi sono accorta che la stanchezza era un vecchio problema, il caldo non esisteva più e senza neanche pensarci ero lì ad urlare con tutti. Le corse sfrenate per arrivare alle transenne hanno avuto inizio e tutti, dalla suorina al ragazzo con la cresta rossa, eravamo in piedi. L’uomo tanto atteso era arrivato. E non era fuori luogo, nonostante l’età, perché come lui stesso ci ha detto con un proverbio polacco: “chi sta coi giovani diventa giovane”. Ma soprattutto non era fuori luogo lì fra tutti noi giovani perché sapeva parlarci, condivideva con noi questa grande esperienza iniziata 2000 anni fa ed era consapevole che essere giovani è solo un atteggiamento del cuore. Il Papa ere raggiante, ci ha parlato scherzando ed ognuno di noi si sentiva interpellato con un dialogo con lui perché avevamo tutti qualcosa in comune: un desiderio di vita e felicità che ci univa e che il Papa stesso ci ha detto che Cristo può colmare.
La veglia con lui è stata bellissima e l’attesa sofferta è stata più che ripagata. La notte è trascorsa senza problemi, solo alla mattina eravamo da strizzare, noi ed il sacco a pelo, considerata l’umidità notturna.
Poi il papa è tornato da noi e abbiamo celebrato la più lunga Messa sotto la seconda giornata più calda degli ultimi 100 anni. Eppure eravamo ancora tutti lì, pronti ad ascoltare la predica del Santo Padre, che in un altro bellissimo dialogo con noi, ci ha affidato il compito di andare nel mondo perché il mondo conosca la nostra storia, una storia iniziata 2000 anni fa, alla quale apparteniamo e che ancora oggi è capace di farci lasciare le vacanze per stare due giorni sotto il sole con altri due milioni di persone. E’ per forza una storia grande. Il ritorno è stato ancora più drammatico dell’andata perché eravamo così tanti che farci uscire tutti da Tor Vergata è stata un’impresa, resa ancora più difficile da quel sole cocente, la strada in asfalto da fare e quegli zaini sempre inspiegabilmente pesanti. Siamo stati 5 ore sotto il sole in piedi senza poterci muovere troppo, innaffiati da delle buone anime di Tor Vergata, allietati dalle barzellette di alcuni ed aiutati da numeroso ed eroici volontari del Giubileo.
Sul treno ho avuto anche la fortuna di salire sull’unico vagone senza aria condizionata, con dentro stipati una quantità di giovani tra cui due siciliani che, come tali, erano simpaticissimi e mi hanno reso partecipe delle loro disavventure per arrivare a Roma. Alla fine anch’io ho preso il treno per tornare a casa e sono stata tra le più fortunate perché dalla fine della Messa all’ora in cui sono finalmente entrata lavata in un letto normale con il cuscino sono passate “solo” 12 ore. C’è chi il giorno dopo era ancora in viaggio, magari per la Cina. Eppure sono sicura che tutti, pure i cinesi, i siciliani ed io l’avremmo rifatto subito, se il Papa ci avesse chiamato ancora.
Maria Simone, Milano.

Egregio direttore, bé…, come dicono a Roma: “arieccomi!”. Dopo la mia letteraccia di disdetta ho ricevuto gli ultimi numeri del settimanale, specialmente quello dedicato al Gay Pride, e allora mi sono detto: “Al diavolo le fisime su Nord e Sud, io i miei soldi li do a chi li merita!”. Così ho rinnovato l’abbonamento, perché questo settimanale è troppo importante come punto di riferimento per le battaglie che ha il coraggio di combattere.
Spero solo che in futuro non debba riceverlo con il dazio doganale alla barriera di Ancona (o di Piacenza, per quel che ne so). Raccomando a Massobrio di essere un po’ meno razzista dal punto di vista gastronomico, rimasi veramente male quando lessi il suo articolo contro lo spot di Mario Mauro che, guarda caso, è di Foggia. Se viene da queste parti giuro che lo tengo a pane e acqua. Ma …pane di Altamura e acqua Gaudianello! P.S. Ho ascoltato (18 Agosto) l’intervista dell’On. Jervolino sul rientro dei Savoia in Italia. Premesso che di questi ultimi non me ne importa nulla, trovo stupido e inopportuno il paragone che lei ha usato quando ha detto che, dal momento che c’è una costituzione in vigore, “Se anche si trattasse di San Giuseppe non lo farei entrare”. E’ molto di cattivo gusto per una cattolica devota come l’On.Jervolino tirare in ballo i santi, specialmente in un contesto sfavorevole come quello del suo paragone. Non si accorge che in questo modo non solo offende i cattolici, ma ammette che si sarebbe comportata con la stessa aridità di chi rifiutò di ospitare la Sacra Famiglia? Concludendo: il paragone poteva benissimo tenerlo per sé, e ha dimostrato di essere un fariseo ripiegato sul legalismo più arido. Mi vergogno per questa gente che pretende di rappresentare il “mondo cattolico”! Cordialmente, Giovanni Romano, Foggia Leggo sulla stampa dell’imminente programma televisivo “il grande fratello” e vorrei fare alcune osservazioni. Il voyeurismo è un tipo di comportamento che può talora menifestarsi nell’adolescente, quindi espressione di una immaturità del soggetto nel corretto rapporto con la realtà tutta e quindi anche con l’integralità della persona, sia se stesso che l’altro da sé.
Il voyeurismo nell’adulto, anche se i soggetti osservati sono al corrente di essere osservati e anche non connesso strettamente a comportamenti sessuali, è una patologia della persona, una limitazione, una debolezza nel modo di conoscenza della realtà e di tutti i fattori che caratterizzano l’altro da sé, quindi il rispetto dell’altro, l’unicità, il pudore, l’inviolabilità dell’altro, il mistero dell’altro, che è il termine più appropiato. Dal punto di vista della volontà del soggetto che osserva è indifferente il fatto che l’altro soggetto sia consenziente a essere osservato.
Detto questo, tutto il resto sono chiacchere insulse, al cospetto di questo meretricio orientato all’indice di ascolto e all’affare pubblicità. Non resta che sperare in un uso della ragione e quindi in un uso ragionevole del tempo e quindi, perché no, dello strumento televisivo (vedi la diretta del giubileo dei giovani).
Andrea Massiroli, Milano.

Egregio direttore,, sono il detenuto Bondini Maurizio del carcere di Saluzzo (CN) e le sto scrivendo per ringraziarla per l’abbonamento della rivista “Tempi”, cosa che trovo molto interessante oltre a svagarmi. Le allego alla presente un documento che gradirei molto, se lei potesse pubblicarla integralmente affinché possa essere letta da persone influenti all’onorevole Fassino e al ministro di Grazia e Giustizia in maniera positiva. La pregherei anche di salutarmi l’amico in comune B.T. non appena andrà a trovarlo al carcere di Bergamo.
Un cordiale saluto
Maurizio Bordini, Saluzzo.

“Onorevole Ministro ricorriamo a lei in extrema razio, dopo vari e ripetuti tentativi effettuati per ottenere quella Giustizia che ci viene negata da oltre un decennio e che, invece, dovrebbe tutelare anche noi Cittadini di chissà quale serie. Ci vediamo costretti, nel rivolgerci a Lei, a chiedere che anche per noi valga l’applicazione dell’Art.442 nr.2 C.p.p. così come puntualmente sono valse le norme restrittive adottate in occasione delle ultime emergenze in materia di sicurezza comune e adottando il criterio della retroattività nell’immediato.
L’articolo 442 nr.2 C.P.P. cita:”la pena che il Giudice determina tenendo conto di tutte le circostanze è diminuita di un terzo. Alla pena dell’ergastolo è sostituita quella ad anni trenta”.
Questa opportunità negataci ha creato una macroscopica disuguaglianza tra gli imputatai in istruttoria, quelli che si sono trovati nella fase del giudizio di primo grado o nei gradi successivi, che pure erano in attesa di giudizio, nonché con i definitivi. Infatti ai nuovi imputati è stata garantita l’immediata applicazione delle norme più favorevoli secondo il nuovo rito e quindi tutti i processi pendenti in Istruttoria hanno potuto godere di fatto, dei benefici costituiti dalla possibilità di scelta dei riti “differenziati”; previsti dal nuovo codice che le norme di coordinamento di attuazione e transizione hanno concesso agli imputati che erano in istruttoria, discriminando in pari tempo gli altri imputati che si sono trovati nelle fasi di giudizio in primo grado e in quelle successive come, allo stesso modo, ha discriminato quegli imputati che solo qualche ora prima erano diventati definitivi. Inoltre fanno presente che, su quanto esposto, vi è la violazione dell’articolo 3 della Costituzione, per essere venuti meno al principio della applicazione in ogni tempo della legge più favorevole al reo, e il principio di equità giuridica a cui devono ispirarsi tutte le sentenze, dal momento che si è riservato un diverso trattamento ed una disparità fra imputati giudicabili e definitivi.
Essendo chiaro che l’elemento oggettivo che accomuna tutti gli imputati giudicabili e definitivi era e resta il fatto di aver commesso il reato prima del 24/10/1989, data dell’entrata in vigore del nuovo Codice di procedura penale. In questa prospettiva appare del tutto irriverente la iniquità di trattamento subita dagli esponenti che con la presente chiedono che venga riconosciuto il diritto di vedersi riquantificata la pena sulla base delle nuove disposizioni di legge vigenti.
Nel congedarsi si rinnova la speranza che possa esserci una visione in positivo su quanto richiesto. Si porgono deferenti ossequi. I detenuti di Saluzzo”.

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