IL GUSTO DELL’ETERNO DI RATZINGER

Il cardinale Ratzinger guida la liturgia del Venerdì Santo in un contesto straordinario, quello dell’aggravarsi della malattia del Papa. Le sue parole a commento della Via Crucis colpiscono perché mettono l’accento sul vero rinnovamento della Chiesa, che non è teologico e istituzionale ma intellettuale e spirituale. Era un errore del tempo postconciliare credere che parlare dello Spirito Santo e della libertà fosse un evento spirituale e che la conversione teologica fosse un’opera che portasse, in quanto cambiamento, i segni dello Spirito, chiamati “segni dei tempi”. Forse l’idea che cambiare teologia comportasse un rinnovamento della Chiesa in quanto Chiesa è ora finita. Molte buone cose sono avvenute nel grande travaglio della Chiesa postconciliare e nessuno può credere oggi che un semplice ritorno alla Chiesa preconciliare sia la via giusta. Sarebbe ripetere in forma inversa l’errore progressista e affidare a un cambio di teologia un cambio in meglio della qualità ecclesiale.
La forza della profezia sta nel predicare la conversione del cuore. Come dice san Tommaso, essa serve per la direzione degli atti umani, per renderli più efficaci segni dello Spirito Santo che li anima. Da tempo il cardinale Ratzinger va dicendo queste cose ed è divenuto la figura più significativa di un movimento di pensiero di rinnovamento spirituale della Chiesa nel suo modo di esistere. Le parole che egli ha detto nel commento alla Via Crucis segnano il livello più forte della sua testimonianza: «Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano». Sono parole forti dette in una circostanza così significativa, in un momento così grave per il papato. Ciò significa che vi è una precisa linea di pensiero espressa da Ratzinger, quella cioè della purificazione della Chiesa nei costumi e nei metodi per reggere la sfida di una cultura che separa gli uomini dal gusto dell’eterno. Vi è nella Chiesa di oggi il sentimento che occorre riformare il modo di comportarsi e quindi che il rinnovamento non sia questione di teologie ma questione di conversione del cuore.
Il pensiero del cardinale sembra rivolgersi in modo particolare ai sacerdoti perché proprio il celibato sacerdotale è il punto più attaccato del nostro tempo. Questo istituto ha reso possibile l’indipendenza della Chiesa cattolica dagli Stati, le ha conferito la chiave della salvezza storica. Oggi il celibato ecclesiastico viene attaccato in nome dell’universalità dell’eucarestia perché sembra che non vi siano più sacerdoti celibi sufficienti per animare la celebrazione della Messa. La difesa di questo istituto che è il cuore del cattolicesimo è un problema che grava sulla Chiesa del nostro tempo e non dubitiamo che il cardinale pensasse anche a questo nel rivolgersi così duramente alla Chiesa e ai sacerdoti.
(bagetbozzo@ragionpolitica.it)

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