
Il locale londinese e la “clausola Erode”: rinunceresti a tuo figlio pur di accedere al wi-fi?
Chissà come si sarebbe comportato Faust se fosse incappato a prendere un caffè proprio in quel bar. Parliamo del locale londinese di un quartiere finanziario che ha escogitato un curioso esperimento: tra le clausole di accettazione della rete wi-fi interna ce n’era una – chiamata Erode – che prevedeva la consegna permanente del figlio primogenito al gestore del locale. Ça va sans dire, l’hanno sottoscritta tutti inconsapevolmente. Da rispettabili trader di titoli, a indegni mercanti di bambini nel tempo d’un click. E per quale gran contropartita? A parte una lieve assonanza, internet ed eternità non hanno peraltro nulla a che spartire.
Lo scherzo, paradossale finché si vuole, conferma quanto il bisogno di connessione sia diventato un’urgenza primaria. Tanto che qualcuno ha pensato bene di ridisegnare la base della nota piramide dei bisogni di Maslow assegnando a una batteria al litio il posto che vent’anni fa apparteneva a un pasto caldo. Del resto, si può sopravvivere un mese senza mangiare e una settimana senza bere, ma secondo un recente studio pubblicato sulla rivista Science, pare sia insopportabile stare più di quindici minuti da soli con i propri pensieri. E se le proprie congetture non bastano più a colmare quel terribile vuoto ontologico alla fermata del tram, ecco che il “mi connetto dunque sono” ci salva dal tedio mortale.
Ora: non voglio qui attaccare con la predica del siamo-sempre-troppo-connessi-al-cellulare-che-ci-perdiamo-la-vita-vera. Sì, perché io sono una che razzola proprio male: anche io sono di quelli che – specie di questi tempi magri – vaga per spazi pubblici alla ricerca di access-point peggio di un rabdomante. Tanto che ieri, alla richiesta di mio figlio di far merenda ai giardinetti, ero dannatamente tentata di controproporgli un bel giro di patatine da McDonald. Sì perché lì c’è wi-fi, altro che foglie secche. Pazienza se la rete è da wireless e non da pallavolo; se il campo elettromagnetico non è esattamente quello da calcetto. E pazienza anche se poi – dopo essermi collegata avrei scoperto…
- Uno (dall’app meteo): un temporale improvviso nel giro di un’ora, praticamente il tempo di finir la coca-cola, uscire dal fastfood e precipitarsi a casa prima che il bucato non s’acquazzasse del tutto.
- Due (da wapp): la richiesta del marito di passare – tornando a casa – dalla farmacia giusto proprio accanto ai giardinetti.
- Tre. (dalla mail): la newsletter del blog di Super-mamma sugli agghiaccianti pericoli del junk-food… Pazienza insomma se il pomeriggio sarebbe andato a farsi friggere con le patatine.
Tutto ha un prezzo e chi vuole star connesso se lo paga per intero.
Certo che però la trovata della clausola nascosta ha qualcosa di geniale. È da ieri continuo a pensare come potrei declinarla al meglio. Sono ormai certa che con un ritocchino al regolamento della wi-fi di casa potrei fare miracoli: figli che accettano di preparare la colazione ogni santo weekend, marito che acconsente a due gite al mese all’Ikea, suocera che si candida a babysitterare tutti i giovedì… Nello spazio di una postilla a caratteri illeggibili, mi troverò circondata da gente che – proprio grazie alla fretta – sarà costretta a rallentare, rincontrarsi e dividere il tempo, oltre che il router.
Bello quando è internet a riportarci alla vita vera!
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