Il macchinone, gli amici, la politica. I giovani interrogano Francesco e lui risponde («mica volevo fare il Papa»)

Di Redazione
07 Giugno 2013
Incontrando oggi i giovani il Pontefice ha risposto a tutte le loro domande, da quelle più personali a quelle sulla "politica sporca" e la crisi economica

«Io ho preparato un testo, ma sono cinque pagine! Un po’ noioso…». Ha iniziato così questa mattina papa Francesco il suo incontro con gli studenti delle Scuole gestite dai Gesuiti in Italia e in Albania (il testo, per nulla “noioso”, anzi davvero un grande discorso sull’educazione lo trovate qui).

NON SI PUO’ VIVERE SENZA AMICI
Una ragazza ha chiesto a papa Francesco se continua a vedere i suoi amici. «Ma, io sono Papa da due mesi e mezzo – ha risposto -. I miei amici sono a 14 ore di aereo da qui, no? sono lontani. Ma voglio dirti una cosa: sono venuti tre, di loro, a trovarmi e a salutarmi, e li vedo, e mi scrivono, e voglio loro tanto bene. Non si può vivere senza amici: questo è importante».

NON VOLEVO FARE IL PAPA
Un altro ragazzo ha chiesto se voleva diventare Papa. «Ma, tu sai che cosa significa che una persona non si vuole tanto bene – ha risposto -. Una persona che vuole fare il papa non vuole bene a se stessa. No, io non ho voluto fare il Papa».

FARE POLITICA E’ UN OBBLIGO DEL CRISTIANO
A un professore che ha fatto una domanda sul ruolo dei cristiani in politica ha risposto: «Coinvolgersi nella politica è un obbligo, per un cristiano. Noi cristiani non possiamo giocare da Pilato, lavarci le mani: non possiamo. Dobbiamo immischiarci nella politica, perché la politica è una delle forme più alte della carità, perché cerca il bene comune. E i laici cristiani devono lavorare in politica. Lei mi dirà: ‘Ma, non è facile’. Ma neppure facile è diventare prete. Non ci sono cose facili, nella vita: non è facile. ‘La politica è troppo sporca’, ma io mi domando: è sporca, perché? Perché i cristiani non si sono immischiati con lo spirito evangelico?”. È facile dire “la colpa è di quello” – ha proseguito – “Ma io, cosa faccio? Ma, è un dovere! Lavorare per il bene comune, è un dovere di un cristiano! E tante volte la strada per lavorare è la politica. Ci sono altre strade» fare il professore, per esempio è «un’altra strada. Ma l’attività politica per il bene comune è una delle strade».

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L’ARTE DI CAMMINARE
Il pontefice ha quindi iniziato a dialogare con i giovani e con i loro insegnanti. A un ragazzo che gli chiedeva lumi sul suo percorso di crescita, a volte difficile e accidentato, il papa ha risposto che «camminare è un’arte perché se camminiamo in fretta ci stanchiamo e non possiamo arrivare alla fine del cammino. Camminare è l’arte di guardare l’orizzonte, pensare dove io voglio andare ma anche sopportare la stanchezza del cammino». A volte il percorso è ostico perché «c’è il buio, anche giornate di fallimento, anche qualche giornata di caduta… Uno cade, cade… Ma pensate sempre questo: non abbiate paura dei fallimenti. Non avere paura delle cadute. Nell’arte di camminare, quello che importa non è di non cadere, ma di non rimanere caduti. Alzarsi presto, subito, e continuare ad andare. E questo è bello: questo è lavorare tutti i giorni, questo è camminare umanamente. Ma anche, è brutto camminare da soli: brutto e noioso. Camminare in comunità con gli amici, con quelli che ci vogliono bene: questo ci aiuta, ci aiuta ad arrivare proprio alla fine laddove “noi dobbiamo arrivare”».

PERCHE’ NON HO VOLUTO L’APPARTAMENTO E LA MACCHINA GRANDE
Un’altra ragazza ha chiesto a Papa Francesco perché abbia rinunciato ad andare a risiedere nel Palazzo Apostolico scegliendo Santa Marta e ad una macchina grande: una rinuncia alla ricchezza? «Ma credo che non è soltanto una cosa di ricchezza. Per me è un problema di personalità. Io ho necessità di vivere tra la gente, e se io vivessi solo, forse un po’ isolato, non mi farebbe bene. Ma questa domanda me l’ha fatta un professore: “Ma perché lei non va ad abitare là?”. Io ho risposto: “Ma, senta, professore, per motivi psichiatrici”, eh? Perché… è la mia personalità. Anche l’appartamento, quello non è tanto lussuoso, tranquilla. Ma non posso vivere da solo, capisci? E poi, credo, che sì, i tempi ci parlano di tanta povertà, nel mondo, e questo è uno scandalo. La povertà del mondo è uno scandalo. In un mondo dove ci sono tante, tante ricchezze, tante risorse per dare da mangiare a tutti, non si può capire come ci siano tanti bambini affamati, ci siano tanti bambini senza educazione, tanti poveri. La povertà, oggi, è un grido. Tutti noi dobbiamo pensare se possiamo diventare un po’ più poveri: anche questo, tutti lo dobbiamo fare”. Quindi porsi la domanda: “Ma, come io posso diventare un po’ più povero per assomigliare meglio a Gesù, che era il Maestro povero». Dunque, ha ripreso il Papa «non è un problema di virtù mia personale, è soltanto che io non posso vivere da solo» e la questione della macchina è il fatto di «non avere tante cose e diventare un po’ più povero».

NON FATEVI RUBARE LA SPERANZA
Un altro giovane ha chiesto al Papa come poter convivere con la povertà che c’è nel mondo: «Prima di tutto, vorrei dirvi una cosa, a tutti voi giovani: non lasciatevi rubare la speranza. per favore: non lasciatevela rubare. E chi ti ruba la speranza? Lo spirito del mondo, le ricchezze, lo spirito della vanità, la superbia, l’orgoglio… tutte queste cose ti rubano la speranza. Dove trovo la speranza? In Gesù povero: Gesù che si è fatto povero per noi. E tu hai parlato di povertà. La povertà ci chiama a seminare speranza». E questo – ha proseguito – «sembra un po’ difficile da capire». Quindi il Papa ha ricordato quando Padre Arrupe scrisse una lettera ai Centri di ricerche sociali della Compagnia. «Lui parlava di come si deve studiare il problema sociale. Ma alla fine ci diceva: “Guardate, non si può parlare di povertà senza avere l’esperienza con i poveri”. Così “non si può parlare di povertà, di povertà astratta: quella non esiste! La povertà è la carne di Gesù povero, in quel bambino che ha fame, in quello che è ammalato, in quelle strutture sociali che sono ingiuste… Andare, guardare laggiù la carne di Gesù. Ma non lasciatevi rubare la speranza del benessere, dallo spirito del benessere che alla fine ti porta a diventare un niente nella vita! Il giovane deve scommettere su alti ideali: questo è il consiglio. Ma la speranza, dove la trovo? nella carne di Gesù sofferente e nella vera povertà. C’è un collegamento tra i due».

PERCHE’ SONO GESUITA
Un’altra ragazza gli ha chiesto cosa l’abbia spinto ad essere Gesuita. «Quello che più mi è piaciuto della Compagnia è la missionarietà, e volevo diventare missionario. E quando io studiavo filosofia, ho scritto» al preposito generale padre Arrupe «perché mi mandasse, mi inviasse in Giappone o da un’altra parte. Ma lui ha pensato bene e mi ha detto, con tanta carità: ‘Ma lei ha avuto una malattia al polmone, quello non è tanto buono per un lavoro tanto forte’, e sono rimasto a Buenos Aires. Ma è stato tanto buono, il Padre Arrupe, perché non ha detto: “Ma, lei non è tanto santo per diventare missionario”: era buono, aveva carità, eh? E quello che mi ha dato tanta forza per diventare Gesuita è la missionarietà: andare fuori, andare alle missioni ad annunziare Gesù Cristo. Credo che questo sia proprio della nostra spiritualità, andare fuori, andare alle missioni ad annunziare Gesù Cristo. Credo che questo sia proprio della nostra spiritualità, andare fuori, uscire: uscire sempre per annunziare Gesù Cristo, e non rimanere un po’ chiusi nelle nostre strutture, tante volte strutture caduche, no? È quello che mi ha mosso».

CRISI ECONOMICA? INNANZITUTTO CRISI DELLA PERSONA
Una giovane di Napoli gli ha chiesto una parola di sostegno per i giovani in Italia che si trova in una posizione di grande difficoltà: «Tu dici che l’Italia è in un momento difficile: sì. C’è una crisi – ha risposto – Ma io ti dirò: non solo l’Italia. Tutto il mondo, in questo momento, è un momento in crisi. E la crisi, la crisi non è una cosa brutta. Davvero la crisi ci fa soffrire, ma dobbiamo – e voi giovani, principalmente – dobbiamo saper leggere la crisi. Questa crisi, cosa significa? Cosa devo fare io per aiutare a uscire dalla crisi? La crisi che noi in questo momento stiamo vivendo è una crisi umana. Si dice: ma, è una crisi economica, è una crisi del lavoro… Sì, davvero. Però, perché? Perché questo problema del lavoro, questo problema nell’economia, sono conseguenze del grande problema umano. Quello che è in crisi è il valore della persona umana, e noi dobbiamo difendere la persona umana». Il Papa ha poi citato il racconto di un rabbino medievale, dell’anno 1200: «Questo rabbino spiegava agli ebrei di quel tempo la storia della Torre di Babele. E per costruire la Torre di Babele, non era facile: dovevano farsi i mattoni» ed «era un grande lavoro. E dopo questo lavoro, un mattone diventava un vero tesoro! Poi portavano i mattoni su, per la costruzione della Torre di Babele. Ma se un mattone cadeva, era una tragedia. Punivano l’operaio che l’aveva fatto cadere … Era una tragedia! Ma, senti: se fosse caduto un uomo, non sarebbe successo niente! Questa è la crisi che oggi stiamo vivendo!«. «È la crisi della persona. Oggi non conta la persona: contano i soldi, conta il denaro. E Gesù, Dio ha dato il mondo, tutto il creato, l’ha dato alla persona, all’uomo e alla donna, perché lo portassero avanti. Non al denaro. È una crisi: la persona è in crisi perché la persona» oggi «è schiava! E noi dobbiamo liberarci di queste strutture economiche e sociali che ci schiavizzano. E questo è il vostro compito».

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2 commenti

  1. La politica. Per il bene comune i cristiani vi si devono sporcare le mani.
    La politica richiede tempo altrimenti non si può e non si riesce a dare le risposte agli elettori e principalmente le promesse elettorali (programma) non vengono mantenute creando un danno alla collettività, alla società e quindi anche alla famiglia. Per i cristiani cattolici le priorità sono: prima Dio, poi la famiglia, poi il lavoro e per ultimo le altre cose. Anche se il fare politica (a tempo pieno) rientra nel lavoro, i molteplici impegni collegati con il fare (della buona) politica, come possono conciliarsi con le due precedenti priorità e specialmente con la famiglia? perché con Dio ci si può state in qualsiasi modo e momento? Questo e’ il dilemma che mi pongo! Specialmente quando la propria moglie, anch’essa credente, non transige sulle priorità. Mimmo

  2. La politica. Per il bene comune i cristiani vi si devono sporcare le mani.
    La politica richiede tempo altrimenti non si può e non si riesce a dare le risposte agli elettori e principalmente le promesse elettorali (programma) non vengono mantenute creando un danno alla collettività, alla società e quindi anche alla famiglia. Per i cristiani cattolici le priorità sono: prima Dio, poi la famiglia, poi il lavoro e per ultimo le altre cose. Anche se il fare politica (a tempo pieno) rientra nel lavoro, i molteplici impegni collegati con il fare (della buona) politica, come possono conciliarsi con le due precedenti priorità e specialmente con la famiglia? perché con Dio ci si può state in qualsiasi modo e momento? Questo e’ il dilemma che mi pongo! Specialmente quando la propria moglie, anch’essa credente, non transige sulle priorità. Mimmo

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