«Il mio “capitalismo popolare” per la Lombardia»

Dall'inserimento lavorativo di persone fragili alla politica. Intervista a Davide Damiano, candidato alle elezioni regionali per Noi Moderati

Davide Damiano, candidato per Noi Moderati alle elezioni regionali in Lombardia

Davide Damiano, 30 anni, è il giovane presidente di una cooperativa sociale milanese che si occupa di inserimento lavorativo di persone fragili (detenuti, ex detenuti, persone provenienti da percorsi di cura rispetto alle dipendenze e persone in difficoltà). A sorpresa ha deciso di candidarsi alle elezioni regionali in Lombardia nella lista Noi Moderati (Maurizio Lupi), la cosiddetta quarta forza della coalizione di centrodestra che sostiene Attilio Fontana.

Damiano, lei ha già la cooperativa, l’impegno in Federsolidarietà e in Confcooperative, un profilo tutto sociale, non le basta tutto il lavoro che fa?

Se è per questo ho anche messo in piedi un’associazione di volontariato che si occupa di rendere consapevoli le persone che vivono determinati contesti sociali dell’esistenza di opere che possono aiutarli a rispondere a questo bisogno.

Cioè?

Le persone fragili o che vivono in contesti sociali complessi il più delle volte non sanno che esistono realtà che possono aiutarle nella risposta ai loro bisogni. Bisogna farle incontrare. L’aiuto vero a chi ha bisogno non può essere solo un protocollo o un servizio, è un incontro. E la gente bisogna andare a cercarla, da sola non viene, anche perché spesso non sa dove andare. Noi lo faremo con uno sportello itinerante, un furgone che gira per i quartieri più difficili.

Lei come ha iniziato?

Laurea in Economia alla Cattolica, un breve periodo a Londra, poi la frase di un amico più grande che mi risuona dentro tutti i giorni: “Meglio vivere per servire altrimenti la vita non serve a nulla”. Lì è scattato in me qualcosa e le circostanze della vita hanno voluto che in quel frangente un altro amico mi proponesse di rilevare una cooperativa sociale che versava in difficoltà, il cui chiosco da strumento di recupero era diventato un luogo di impedimento al recupero.

La sua realtà è cresciuta. So che riesce a impiegare circa un’ottantina di persone.

Sì, lavoriamo nel carcere di Monza dove abbiamo due laboratori, più altre realtà, ma mi sono accorto nel tempo che questo tipo di persone finiscono per essere impiegate, il più delle volte, solo nelle pulizie o nei piccoli lavori di assemblaggio. Bisognava diversificare.

Un ragionamento da imprenditore.

Lo chiami pure capitalismo solidale, anche se io preferisco capitalismo popolare, una capacità di impresa che nasce dall’immanenza in un popolo, dentro la vita quotidiana della gente. Le mie giornate lavorative sono continuamente scandite da richieste di aiuto e da richieste di ascolto troppo spesso dimenticate da chi dovrebbe occuparsene e troppo nascoste per farle conoscere ai più.

Diceva che ha diversificato.

Sì, la cooperativa ha comprato una start up innovativa. Molto in sintesi, una cucina mobile che abbiamo piazzato al Bodio Center di Milano per la pausa pranzo dei dipendenti delle aziende lì collocate. In più abbiamo dei locker refrigerati, gestiti tramite una App che permette di effettuare una pausa pranzo smart e differente.

Come si arriva alla candidatura?

La vita non è un progetto pianificato, ma occasioni che ti si presentano. Ho parlato a un mio amico dell’idea dell’associazione di volontariato, chiedendogli la disponibilità a rispondere al telefono nel dopolavoro. Lui lavora con Lupi, gliene ha parlato e mi ha procurato un appuntamento per presentare il progetto. A Lupi è piaciuto, l’ha condiviso e, in un secondo tempo, mi ha chiesto se volevo candidarmi. Ci ho pensato un po’ su e poi ho accettato.

Perché ha detto sì?

È una scelta che di fatto è maturata in me in questi anni di intenso lavoro nel sociale. E come condizione ho posto di poter continuare a farlo. Ricucire un tessuto umano lacerato da dipendenze, da condizioni di vita non dignitose, da contesti difficili e svantaggiati, è la mia vocazione. Il lavoro è la dimensione nella quale ciascuno gioca la propria personalità e scopre il proprio compito: ciò a cui sento di essere chiamato, e ciò per cui mi batto nelle mie giornate, è la sorpresa di incontrare donne e uomini feriti dalla vita, ma desiderosi di riscattarsi, di ripartire.

Crede davvero che la politica possa contribuire a tutto ciò?

Dialogo, azione, concretezza: sono i tre perni attorno ai quali ruota la mia azione, il mio tentativo di aiutare fattivamente le persone che incontro, senza la preoccupazione di trarne riconoscenza o tornaconto. A muovermi è il desiderio che ogni azione intrapresa, nella mia giornata, contribuisca alla costruzione di quel bene comune che spesso è lasciato in secondo piano, compromesso da altre logiche. Proprio dalla constatazione che i criteri d’azione, di istituzioni e rappresentanze, sono sovente così diversi da quel pragmatismo che contraddistingue la mia esperienza professionale, nasce il tentativo di implicarsi nella vita politica del territorio nel quale opero, e che tanto avrebbe ancora da offrire: la Lombardia.

Perché con Noi Moderati?

Da più parti ho sentito dire che la mia scelta è sbagliata: il partito che mi sostiene sarebbe, a detta di tanti, ininfluente negli attuali scenari. Da qui l’equazione: darmi un voto significherebbe sprecarlo. Ma politica non è solo calcolo, anzi, per me è principalmente gratuità, non è mera ricerca un potere fine a sé stesso: politica è anzitutto vivere. Politica è accorgersi di ciò che non va, è desiderare di cambiarlo, è sporcarsi le mani per farlo. Politica è dialogo, è incontrare l’altro e aprirsi alla possibilità che possa nascerne qualcosa di buono. Su tutto questo con Noi Moderati e Lupi mi sono trovato subito.

Dica ai nostri lettori perché votarla.

La politica è rappresentanza, anche rappresentanza di interessi legittimi, e quali siano i miei è chiaro: scegliere di sostenermi vuol dire accompagnare l’impeto che mi ha spinto fin qui, vuol dire sentire insieme a me l’urgenza di una politica che torni a parlare alle donne e agli uomini che attendono, da chi li rappresenta, un sostegno nel loro quotidiano.

Così la prospettiva cambia: a prescindere dal potere che il partito per cui corro esercita o sia capace di esercitare, ciò che a me sta a cuore non è tanto cercare consenso – per quanto ciò sia essenziale e vitale nell’agone politico – quanto trovare, sulla mia strada, persone decise a coinvolgersi con me in quest’avventura. Il consenso arriva dopo: scendendo nelle strade, ascoltando le parti sociali, sostenendo cause utili al bene comune.

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