Il presidente Usa lo faranno i cattolici

Di Lorenzo Albacete
29 Marzo 2000
West Side Story

Secondo molti osservatori politici, il voto cattolico sarà decisivo per la prossima elezione presidenziale. Pertanto c’è da attendersi che sia Gore che Bush enfatizzeranno argomenti che, a loro avviso, sono importanti per i cattolici.

Nel novembre 1998 il settimanale Crisis pubblicò i risultati di un’inchiesta sul voto cattolico che individuava una tendenza verso posizioni politiche conservatrici che pertanto favorivano il Partito repubblicano. E’ importante notare che l’elemento decisivo di questo trend è la differenza fra i cattolici che si definiscono “non praticanti” e quelli che vanno regolarmente in chiesa. Fra il 1960 e il 1996 la percentuale di cattolici non praticanti che ha votato il candidato presidenziale democratico è leggermente superiore al dato nazionale complessivo. I cattolici praticanti, al contrario, sembrano aver modificato il loro modo di votare rispetto al 1960, quando l’87 per cento di loro votò per John Kennedy, mentre soltanto il 69 per cento dei cattolici non praticanti fece la stessa cosa. Nel 1972 i cattolici praticanti votarono contro McGovern (il candidato presidenziale democratico – ndt), ma tornarono al Partito democratico nel 1976, votando per Carter. Nel 1980, tuttavia, scelsero Reagan contro Carter, e nel 1984 restarono fedeli alla sponda repubblicana contro Mondale. Nel 1988 votarono per Dukakis contro Bush, ma per Bush contro Clinton nel 1992 e, forse, anche nel 1996 (ma quell’elezione fu troppo scontata perché i rilievi statistici risultassero attendibili).

Un’altra indagine ha rivelato che il “centro di gravità” del voto cattolico si sta effettivamente spostando verso il campo conservatore repubblicano man mano che la sensibilità dei cattolici per i temi della giustizia sociale lascia spazio a una sensibilità fondata su temi di rinascita sociale. Perché stia accadendo questo, lo si può capire anche dalle notizie della settimana: i progressi in materia di riconoscimento sociale che sta facendo il movimento gay; la bocciatura della legge della Florida sui buoni scuola per opera di un giudice di stato che l’ha dichiarata incostituzionale; e la nota di biasimo inflitta ad uno studente di una scuola pubblica del New Jersey che in un compito a casa sulla sua storia preferita aveva raccontato la storia di Giacobbe ed Esaù, pur senza fare alcun riferimento alla religione.

Bush può facilmente prendere posizione contro questo genere di cose facendo appello al principio repubblicano della limitazione dell’intervento del governo. E Gore? Lui può solo affidare le sue fortune ai cattolici non praticanti che condividono l’ideologia secolarista ancora fortemente radicata nel Partito democratico, ovvero a quelli così poveri e afflitti dal razzismo e dalla discriminazione che per loro la giustizia sociale è molto più urgente della rinascita sociale. Quelli che amerebbero avere entrambe le cose in questo momento non hanno casa nella politica americana, a meno che il “conservatorismo compassionevole” (“compassionate conservatism”) non dimostri di essere qualcosa di più di uno slogan politico.

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