
Il primo punto del programma di governo di Bersani è esattamente quello che non serve
Combinate i suicidi degli imprenditori. Il caso tremendo del perugino impazzito che spara e uccide due impiegate perché intoppi burocratici o follie kafkiane o chissà che altro non gli hanno permesso di accedere a finanziamenti regionali. Infine, il dato che due famiglie italiane su tre si sentono sull’orlo dell’insolvenza, con il reddito che non basta più per pagare le spese ordinarie, il mutuo, l’affitto di casa.
E poi prendete i nostri indici di consumo, produttività, tassazione, crescita. Peggio di noi non ce n’è. Soprattutto da noi pesa una cappa di incertezza e di negatività che non ha eguali in Europa. Neppure nei posti, come in Spagna, dove la gente si è messa in marcia e ha fatto casino perché il 50 per cento dei giovani è senza lavoro. Ovunque, perfino in Grecia, qualche lievissimo segno di ripresa e, comunque, di gestione della recessione, c’è. Sembra che solo in Italia si moltiplichino i segnali di smentita a qualsiasi tirar fuori la testa dal fango. E tutto va, come a un prestabilito, ineludibile appuntamento di falene che sbattono contro i vetri della finestra e di balene contro la spiaggia.
Tutto questo è solo colpa della crisi? Soprattutto, tutto questo è colpa del debito pubblico, degli evasori, dei ladri, dei corrotti, come ci vuol dar da intendere il ritornello ricorrente in ogni urna e in ogni bar? È così reale il quadro che ci dipingono le inchieste giudiziarie, con intercettazioni, copia incolla e primi attori pubblici ministeri? Da quanti anni è che tutto ciò è lavaggio di cervelli, shampoo e crema detergente di giornali, libri, format televisivi (dalla Piovra 1-23 ai Ris di Parma 1-2-3) che fa apparire tutto il resto che accade nelle amministrazioni, nella società e nella vita di un popolo, una sorta di fiabesca e irreale appendice alla pioggia di criminalità che occuperebbe ogni piega dell’Italia?
Vista dai giornali esteri (in grazia anche dell’immagine a una dimensione che i nostri grandi giornali offrono ai loro colleghi all’estero) l’Italia è: due pagliacci e un popolo di Pulcinella. Tranne una parte (la sinistra) e tranne un potere dello Stato (la magistratura), saremmo un Paese di fottuti ladroni cattolici. Che piangono miseria e poi vanno alle Maldive. Mangiando a sbafo sull’euro che tedeschi e nordici si guadagnano faticando calvinisticamente e kantianamente. Il che è un quadretto esilarante. Se non fosse anche la prova che c’è in giro del bel potere economico-finanziario che considera l’Italia un paese da ultima passeggiata a Posillipo. Da mungere con lo shopping dei suoi ultimi gioielli (quasi più nulla, a dir la verità, dopo che solerti procuratori ci hanno messo Finmeccanica nelle condizioni di perdere le commesse asiatiche e l’Eni nell’incertezza di un agguato giudiziario).
Combinate tutti questi cenni di panorama italiano con l’immagine giustizialista che noi stessi ci siamo fatti del nostro paese sulla scorta dei talk-show che ci infliggono su tutte le reti, in tutte le prime serate, in tutte le salse e per tutti gli anni che Dio ha comandato dalla prima Mani Pulite del 1992 a oggi. Non riescono a prendere atto della realtà. Fatti due conti, alla fine, l’eroe Di Pietro e il mito che si portava appresso cosa si sono rivelati essere? Una bufala. Una folata propagandistica per fare un partito e inseguita a ruota dalle folate propagandistiche a seguire la prima stagione di Mani Pulite. Da De Magistris a Ingroia. Adesso che hanno fallito il loro sogno di conquista di un bel palco in politica i tre che fanno? Se le danno di santa ragione. E ognuno se ne va per la sua strada. Già. Ma cosa lasciano agli italiani in eredità?
Lasciano in eredità gli slogan, l’enciclopedia Stella&Rizzo dell’anticasta, serate tv fiume nel segno dell’antipolitica, il circuito billionaire Santoro-Travaglio-Gabanelli&C. Lasciano il deserto di un paese racontato come una barzelletta, di buoni contro i cattivi, di uomini neri contro uomini puri. Quanto hanno cubato e cubano, nell’immaginario collettivo, nei titoli dei giornali, nelle rotative delle tipografie che vomitano negli autogrill tonnellate di carte giudiziarie tagliate a dovere, tagliate a libri e indirizzate a demolire destra, centro e sinistra parlamentare (e naturalmente il Cavaliere in cima), le parole d’ordine “tutti ladri, tutti corrotti”?
Un melassa di slogan, di luoghi comuni, di verità che poi diventano mezze o addirittura nulle verità nei processi fuori dai giornali e dentro le aule giudiziarie. Ma i processi sono lunghi in Italia. Le sentenze brevi e di piombo sui giornali. E così, i Di Pietro e compagnia cantante ci hanno lasciato Grillo, quel fenomeno del mondo di Gaia e di Casaleggio, che ha portato in piazza e in milioni di voti, un sentimento di totale ripugnanza verso la democrazia elettiva rappresentativa.
Dopo di che, come si fa a rimettere in sesto l’Italia? Con “l’arrendetevi tutti”? La “decrescita felice”? Il “discutere in streaming e in Rete”? Il “No tav, no inceneritori, no cementificazione, no Ilva”? Il “valuteremo volta per volta, fiducia a nessun governo”?
La verità è che tutto questo insistere sulla pulizia, trasparenza, legalità e combinato disposto delle procure con la pistola costantemente puntate alla tempia della politica (naturalmente secondo ampi criteri di discrezionalità partitica), ci ha fatti diventare così poveri di ripartenza economica-produttiva e così rattrappiti nell’intelligenza politica di rappresentanza e mediazione di interessi di cui la realtà effettuale è fatta (leggere Piero Ostellino, please), che il massimo governativo che si riesca a concepire oggi è il primo degli otto punti che mette Bersani in agenda. Altre leggi anticorruzione.
Cioè, altre badilate di carta e di utopia. Quando ciascuno di noi sa che se c’è un tempo in cui si capisce che la corruzione si batte facilitando, non complicando la vita alla gente, quel tempo per capire è arrivato. Così come sappiamo che è arrivato il tempo che la politica torni a sedere a capotavola, il parlamento a legiferare secondo principi di realtà, i media a piantarla lì di fare i servi sciocchi delle avventure di qualche procuratore per cui vale solo “la legge è legge”.
Nell’espressione “la legge è la legge” c’è infatti tutto l’impasse italiano determinato da un apparato legalista di funzionari statali (magistrati), culturale (giornali e tv) e perfino chiesastico (Famiglia Cristiana), che per i loro interessi bottegai hanno contrabbandato per “giustizia” una fermezza e un’intransigenza di “lotta per la legalità” che è assolutamente totalitaria e irreale. E mostruosa. Come insegna il caso Ilva. Mostruosa perché?
Perché, o nell’amministrare la legge c’è la coscienza personale, il senso di realtà, la coscienza di “un potere odioso e terribile” (come ci ha ricordato Luigi Ferrajoli, uomo di sinistra e fondatore dell’ex comunista Magistratura Democratica, mica l’avvocato Ghedini) che conduce a evitare ogni forma di populismo giudiziario («il populismo giudiziario è molto peggio del populismo politico»). Oppure, la giustizia diventa falsa, ingiusta, tirannica. Come ci hanno insegnato all’est e la sinistra italiana sembra non avere ancora capito, la giustizia diventa strumento “terribile e odioso” per distruggere ogni società, economia, lavoro, benessere. E con essi finisce pure la libertà e la democrazia.
Articoli correlati
3 commenti
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
Una volta i poteri dominanti erano tre, potere politico, potere finanziario, potere militare.Ora i poteri dominanti sono il quarto, la stampa ed il quinto, la televisione.E comandano, nulla mi toglie dalla testa che sua Santità abbia abdicato per non asservire la Chiesa ai poteri dominanti attuali, la prova è che ha fulminato la scomunica per i cardinali che parleranno durante il conclave con la stampa.
“… Quando ciascuno di noi sa che se c’è un tempo in cui si capisce che la corruzione si batte facilitando, non complicando la vita alla gente, quel tempo per capire è arrivato ….”
Beata innocenza …..
la sinistra che ha il dominio dei media, e questo è un vero conflitto di interessi, ha intasato le menti di generazioni plagiandoli con le loro teorie di merda e adesso il nostro paese non prodice piu’ beni e servizi ma produce la stessa merce che produce l’IKEA, ovvero il cioccolato con la merda