
Il problema della valutazione tra qualità e quantità

Fra i molteplici temi sollevati dallo scritto di Lorenzo Ornaghi ve n’è uno che, come un fil rouge, tiene insieme molti di essi. Il tema può essere riassunto con un solo termine: “valutazione”. Ovviamente si tratta di un termine semanticamente assai ampio, che fa la sua comparsa in tempi abbastanza recenti nel mondo dell’università italiana. In senso strettamente giuridico, “valutazione” si afferma definitivamente con la legge 240 del 2010, la quale stabilisce che il 30% delle risorse dell’FFO (Fondo di Finanziamento Ordinario) deve essere distribuito sulla base dei risultati della ricerca, presi in esame dall’ANVUR attraverso un periodico esercizio di Valutazione della Qualità delle Ricerca (VQR). La stessa ANVUR nasce poco prima dell’entrata in vigore di questa legge di riforma e l’Agenzia potrebbe apparire l’unico e fondamentale giudice in ultima istanza della qualità della ricerca universitaria. Così non è però: un ampio settore della valutazione è di competenza preponderante delle Università, come accade per le carriere della docenza o, indirettamente, nei panel che decidono l’assegnazione delle risorse, o poi del MUR quando decide i meccanismi della Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN).
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