Il Prodi Zapatero e l’ombra di D’Alema

Di Gianni Baget Bozzo
20 Maggio 2004
Stare decisis, è il grande principio della giurisprudenza britannica di common law

Stare decisis, è il grande principio della giurisprudenza britannica di common law: e certamente Prodi vorrebbe poter essere in grado di applicare questa antica regola, una volta che sapesse quale decisione è stata presa. Ma quando una decisione è stata presa più volte e ogni volta è diversa dall’altra, il principio diventa la provocazione alla confusione.
Ne è prova il caso Amato, il quale è nella felice posizione di essere inchiavardato a Massimo D’Alema e di poter giocare protetto nella forma dell’indipendenza. Amato dice liberamente ciò che D’Alema deve solo sussurrare, per non spezzare il filo di rame che tiene in vita Fassino. Amato perciò ha deciso per conto suo di restare in Irak, attendendo le Nazioni Unite. Questa sembrava inizialmente la posizione di Prodi ma poi essa è stata rapidamente rovesciata da Prodi stesso nella zapaterizzazione dell’Ulivo: via dall’Irak accada quel che accada. E poi Prodi ci ha ripensato ed ha accordato alla presenza in attesa dell’Onu una occhiata fuggitiva. Il dilemma di Prodi è semplice: o rinunciare ad avere una maggioranza in politica estera e perdere quel che gli rimane di credibilità internazionale o puntare sul fare il pieno dei voti di sinistra, abbracciando in un’unica coalizione Boselli e Di Pietro sulla linea di Di Pietro. Vale la pena di giocare l’anima sulle elezioni europee, puntare a dimostrare che l’Italia è zapatera sotto la sua guida, rompere con la Chiesa che oggi impressionata dagli sciiti è ben desiderosa che le truppe americane rimangano in Irak? In queste condizioni il God bless America di Giovanni Paolo II a George Bush non sarà una benedizione di prammatica, ci sarà più cuore che la volta scorsa. Il Medio Oriente si sta spopolando di cristiani, è come una seconda ondata di decristianizzazione delle terre musulmane, dove l’impero ottomano e l’impero inglese avevano mantenuto una qualche presenza cristiana. Il wahabismo è essenzialmente anticristiano, prima ancora di essere divenuto antioccidentale. Prodi ha certamente perso la via che lo conduce a San Giovanni, alla sede del cardinale vicario, ma quella di Bertinotti sembra una benedizione che Bertinotti dà a se stesso, una benedizione annichilente.
Prima o poi D’Alema riprenderà le sue rivincite. Non sono mai stato convinto che Prodi sarà il candidato dell’Ulivo nelle prossime elezioni politiche. Credo che D’Alema, il vero avversario di Prodi, sappia che Prodi è un pallone gonfiato e che prima o poi si troverà il suo tallone d’Achille.
Forse il più grave errore che Prodi ha commesso è quello di avere puntato il suo destino politico sulle elezioni europee. Ma, per citare Machiavelli, Prodi è figlio di una fortuna, la benedizione di Dossetti che non gli ha dato eguale virtù: e prima o poi la fortuna cessa e chi non ha virtù rimane sulla strada. Sia pure da pensionato d’oro.
D’Alema ha deciso di giocare in riserva, di ritirarsi in Europa, di far sentire ai comunisti del suo partito e a quelli fuori di esso, che della sua intelligenza politica non si può fare a meno e che alla fine egli può avere dall’esilio a Bruxelles una corta strada di ritorno a Roma, comunque dovessero andare le elezioni europee. Massimo conta che ci sono due anni e le elezioni regionali di qui alle politiche: e due anni di campagne elettorali dovendo dirigere una coalizione fondata sulla divergenza radicale in politica estera e in politica generale, sono due anni molto lunghi per il candidato in pectore Romano Prodi.
Sia Prodi che D’Alema pensano che la vendetta è un piatto che si serve freddo. Ma forse D’Alema ha più tempo per fare il piatto di Prodi gelato.

bagetbozzo@ragionpolitica.it

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