
Terra di nessuno
Il segreto dei maglioni (ogni punto come un grano del rosario)
Pubblichiamo la rubrica di Marina Corradi contenuta nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
Non sono mai stata portata per i lavori femminili. Incapace in cucina, negata per il ricamo, ostile all’uncinetto che vedevo, nelle mani di mia madre, muoversi con geometrica e veloce precisione. Tuttavia, alle elementari c’era una volta l’ora di “applicazioni tecniche”, e mi costrinsero a imparare a lavorare a maglia.
Non fu facile. Mi ritrovai con dei ferri nelle mani, e l’obbligo di fare una sciarpa. Mia madre mi mostrò come si faceva il punto diritto. Rimasi a guardarla accigliata. Non sembrava difficile. Ma come presi in mano io il lavoro, i ferri se ne andavano per conto loro: perdevo i punti, lasciando crateri nella maglia.
Quando finalmente riuscii a lavorare, mi accorsi che se ero tranquilla i punti erano troppo laschi, e se ero nervosa – e appunto il lavorare a maglia mi rendeva nervosa – si stringevano eccessivamente, impenetrabili come nodi rabbiosi. La mia sciarpa proseguiva con esasperante lentezza. Mi venne un’idea: a qualunque donna, zia o amica passasse per casa nostra, chiedevo se non aveva voglia di lavorare un po’ a maglia. Naturalmente ogni donna aveva una “mano” diversa. La mia sciarpa somigliava a una fisarmonica, ora stretta, ora larga.
Così, appena ho potuto, ho buttato via i ferri. Sono passati i decenni, e l’altro giorno, immobile in casa con un piede ingessato, ho pensato che non mi sarebbe spiaciuto avere qualcosa da fare con le mani. Ho chiesto a mia suocera dei ferri e un gomitolo. Sorprendente, mi ricordavo ancora come si fa il punto diritto, e il rovescio. Ho iniziato il primo ferro, poi il secondo, fra le occhiate incredule dei figli.
Non male, dovendo restare ferma, avere quel filo che scorre fra le mani senza occupare i pensieri; quel ticchettio sommesso, nel silenzio della casa, quando tutti sono fuori. Devo solo guardarmi dai nostri gatti, che danno la caccia al gomitolo come fosse un topo. E un’ora coi ferri in mano passa più veloce. Che strana quiete induce questo fare monotono e silenzioso, direi quasi: che pace.
Capisco adesso le nonne e zie che vedevo lavorare, tranquille, assorte, mentre a me quel lavorio pareva così noioso. Capisco, ora, che quel metodico tramare delle dita doma e mette in ordine i pensieri. Si può perfino pregare, lavorando a maglia – ogni punto come un grano del rosario. Mi chiedo ora anzi se non fosse questo il segreto di tanti maglioni fatti in casa. Come quelli che mia nonna Dina mandava a mio padre, tenente sul fronte russo. Nelle vecchie lettere che ho trovato, mio padre dal Don diceva di quei maglioni, grato.
Chissà, mi dico, quanto i maglioni spediti al fronte da migliaia di madri e sorelle erano intessuti di preghiere. Per ogni punto una parola dell’Ave Maria, e una domanda: torna, ragazzo, torna. L’antico ticchettio dei ferri nelle case come una trama di mani e di cuori di donne, lo capisco solo ora.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!