
Il senso di una meta c’è, ed è dietro le mura del Beccaria [link url=https://dev.tempi.it/videogallery/il-senso-di-una-meta-il-rubgy-dietro-le-mura-del-beccaria#.UBKMWkRLfJw]Video[/link]
[internal_video vid=42943]Il calcio, si sa, è lo sport che piace di più agli italiani. Che al pallone perdonano tutto, gli scandali, le scommesse, gli stipendi a sei zeri, la violenza sugli spalti e in campo. Per i milanesi, San Siro è il tempo dello sport cittadino, conteso di domenica in domenica dal Milan e dall’Inter, che da anni lottano per lo scudetto assieme ad altre due o tre società elette. Degli altri sport, ai milanesi come agli italiani, importa poco, tranne quando ci sono le Olimpiadi, una volta ogni quattro anni. Ma c’è uno sport che alle Olimpiadi non ci va, di cui gli italiani faticano a innamorarsi, ma che a Milano cresce quasi sotterraneo, in un piccolo club in zona Lambrate. Qui c’è la sede dell’As Rugby Milano, associazione senza scopo di lucro che comprende quasi 500 giocatori di età compresa tra i 6 e i 42 anni e che, come recita il loro manifesto, dà a ogni “rugbista una squadra di appartenenza, allenatori, preparatori atletici, medici, dirigenti, accompagnatori e, soprattutto, compagni di squadra con i quali condividere una esperienza basata sullo sport e sull’amicizia”.
As Rugby Milano è la più importante società rugbistica milanese, la squadra Seniores partecipa al campionato di serie A, tutte le altre squadre partecipano ai vari campionati nazionali, dal Minirugby alle Giovanili e dai Seniores ai Veterans. La squadra più importante non disputa nessun torneo, non gioca in alcun girone, ma si allena tra le mura amaranto del carcere minorile Beccaria dal settembre 2008, da quando l’associazione, insieme alla direzione dell’istituto di detenzione, provò a introdurre uno sport di combattimento, duro e fisico, tra ragazzi difficili, che spesso hanno alle spalle storie di violenza e aggressività.
Il progetto si chiama “Il senso di una meta” ed è nato grazie a due consiglieri dell’As Rugby, Enzo Dornetti e il popolare giornalista Mediaset Giorgio Terruzzi, e i due allenatori, Sergio Carnovali e Ignacio Merlo, che ogni sabato mattina attraversano i cancelli del Beccaria e regalano a una quindicina di ragazzi un’ora e mezzo di allenamento, sudore, divertimento. Insegnando loro soprattutto ad avere rispetto dell’avversario, a gestire l’aggressività, a seguire le regole, a muoversi in squadra per raggiungere l’obiettivo comune. Non è stato facile conquistare l’attenzione dei ragazzi detenuti, convincerli che il rugby era un buon modo per “ricominciare”, per migliorarsi, per portare all’esterno le proprie sensazioni e sfogarle su un campo, tra l’erba e il cielo, prima di tornare dietro le sbarre. A spingerli, entusiasta, c’è Don Gino Rigoldi, il cappellano del carcere, a cui l’idea è piaciuta subito. Don Gino conosce bene quei ragazzi, italiani, sudamericani, albanesi, sa che hanno bisogno di sentirsi ancora parte della società, di sentire che fuori c’è qualcosa che li aspetta, e il rubgy può essere un buon modo per ingannare l’attesa e inventarsi un nuovo futuro.
In quattro anni di ragazzi ne sono andati e venuti molti, alcuni hanno mollato al primo allenamento, altri hanno corso e combattuto per mesi, prima di uscire o essere trasferiti. Oggi, a quattro anni dall’inizio di questa avventura, questi ragazzi tra i 16 e i 19 anni sono diventati una squadra vera, con un nome e una divisa, bianca e rossa, come quella dell’As Rugby, con gli stessi colori di Milano: è nata “Freedom Rugby Club”. Un successo che nessuno si aspettava quattro anni fa, nè l’As Rugby, né la direzione del Beccaria, nè Don Gino, ma che è la testimonianza viva del potere aggregativo ed educativo di uno sport troppo sconosciuto in Italia. Un’esperienza incredibile raccontata in un documentario realizzato da Giorgio Terruzzi, Susanna Nasti, Marcello Pastonesi, Davide Artusi dal titolo ALL BEC, un titolo che è un omaggio alla visita degli All Blacks al Beccaria. Un documentario senza fini di lucro ma che sarà presentato nelle scuole, in televisione e nei festival, al solo scopo di raccontare un’esperienza positiva e un mondo, quello del carcere, troppo distante da quella che chiamiamo “realtà”.
Tempi.it ha incontrato i protagonisti di questa straordinaria esperienza, l’allenatore Sergio Carnovali e l’ideatore del progetto Il senso di una meta, Giorgio Terruzzi, e da questo incontro è nato uno speciale video che proponiamo ai nostri lettori. Un approfondimento sul mondo, troppo spesso dimenticato, che si cela dietro le mura del carcere minorile Beccaria di Milano.
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