Il supermartedì del grande capitale

Di Lorenzo Albacete
15 Marzo 2000
West Side Story

La notizia più interessante di questa settimana è senza dubbio la battaglia interna al partito Repubblicano. Il partito Repubblicano moderno è stato il partito del grande capitale. E quando si appella alla libertà, lo fa soprattutto riferendosi alla libertà economica, contro l’intervento del governo. Il partito Democratico moderno è stato invece il partito delle minoranze, degli immigrati, delle grandi città, degli ebrei e dei cattolici. Eccetto che al Sud. Al Sud il partito Democratico si scontrava con la tradizione del partito Repubblicano di Lincoln durante la Guerra Civile e l’abolizione della schiavitù.

Il partito Democratico, dopo la presidenza di Lyndon Johnson, la battaglia per i Diritti civili, la controversia sul Vietnam e la rivoluzione sociale legata al 1968 – e successivamente al trionfo di Nixon – diventò il partito delle “nuove minoranze ideologiche”, segnatamente le femministe, i gay, i liberal radicali e chiunque altro volesse rivoluzionare la società. Il risultato fu che i Democratici del Sud diventarono Repubblicani. Il “nuovo” partito Repubblicano si formò quando Ronald Reagan aprì ai democratici delusi per gli sviluppi interni al loro partito (molti erano i cattolici contrari a quanti volevano rivoluzionare la società) e a un certo numero di influenti intellettuali “internazionalisti”, preoccupati per l’avanzata del pacifismo nel partito Democratico. Inoltre la coalizione guidata da Reagan ebbe l’appoggio dei cristiani evangelici, disgustati dal trionfo dell’ideologia secolarista. Anzi, fu proprio questa “causa religiosa” che trasformò la campagna elettorale per Reagan in una crociata e assicurò la vittoria ai repubblicani.

Naturalmente con Bill Clinton questa situazione mutò completamente. Clinton rappresentò un “nuovo” partito Democratico che aveva respinto le sue frange pacifiste e socialiste, appoggiò il nuovo neo-liberalismo globale economico e riuscì nello stesso tempo a conservare la fedeltà delle minoranze femministe, gay e rivoluzionatrici della società che non avevano trovato altro spazio. Tuttavia Clinton non è mai riuscito veramente a riportare nel partito i democratici reaganiani e gli intellettuali “globalisti”. Il suo successo ha però ispirato coloro che nella coalizione repubblicana sono in difficoltà col loro programma e cercano di cavalcare la causa religiosa. Come il candidato John McCain, mentre il governatore George Bush sta tentando di tenere insieme la vecchia coalizione di Reagan.

Sia i moralisti di McCain che i fondamentalisti di Bush rappresentano due facce della stessa medaglia: la fede protestante e la sua incapacità di raccogliere la sfida del secolarismo. In mezzo ai due stanno i cattolici americani. L’incapacità di proporre una alternativa culturale cattolica ha diviso i cattolici repubblicani in quegli stessi due campi. Gli altri, cioè la maggioranza dei cattolici (compreso il grande numero di ispanici e gli altri gruppi etnici di tradizione cattolica) rimangono coi Democratici perché, come i rivoluzionari sociali, non hanno altro luogo dove andare.

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